Streghe in Friuli: storia di un’ostessa “malefica”
di Monia Montechiarini *
Foto 1 – Streghe, eretici e benandanti del Friuli Venezia Giulia
“E’ strega, ne è pubblica la voce et la fama! (…)”
“…Certe donne vanno contro la propria natura umana, anzi contro le condizioni proprie di tutte le bestie eccettuata la specie del lupo, e sono solite divorare e mangiare i bambini…”
E ancora in tempi più attuali:
“Strega? Strega a chi!”
Quante volte nel corso della nostra esistenza abbiamo ascoltato questa parola, “strega”, usata come insulto. Effettivamente, nell’immaginario comune, non appena la sentiamo rievoca alla mente antiche creature da temere, crudeli donne dall’aspetto orribile dotate di artigli e grandi bocche grazie alle quali potersi cibare. Di cosa? Bambini e uomini in generale. Ce lo confermano le iconografie successive a quella che erroneamente viene considerata l’epoca buia, il medioevo, di artisti come Dürer e, soprattutto, Hieronimus Bosch .
Opere famose ci trasmettono le maliarde schierate intorno al grande calderone, all’interno del quale cuociono a fuoco vivo, rospi, rane, erbe e, ovviamente, le loro vittime.
Le parole che ho scelto per aprire questo articolo sono tratte da processi, dunque realmente accaduti, in Italia, pronunciate da altre donne contro le sospettate (e imputate) del reato di eresia e stregoneria. “Risaliranno sicuramente al medioevo”, sarà probabilmente il pensiero che il lettore affermerà. E invece no: va subito disatteso questo dato, insieme al fatto che le streghe non si nutrivano di bambini, tantomeno erano responsabili degli “abominevoli crimini” loro addebitati dalle corti più severe. La presunta strega di cui ho scelto di raccontare la storia viveva in Friuli Venezia Giulia, insieme a molte altre esaminate nel mio saggio storico «Streghe, Eretici e Benandanti del Friuli Venezia Giulia» (ed. Intermedia Edizioni, 2019).
Stregoneria in Friuli Venezia Giulia
Tema di grande fascino e interesse, ma anche d’immensa complessità e fonte di controversie, quello della stregoneria, che merita qualche premessa prima di addentrarci a scoprire i segreti di Anna: questo il nome che possiamo leggere nei documenti antichi che ho consultato, insieme ai segreti di maliarde e fattucchiere.
Già, perché dietro alla parola “Strega” si cela un panorama complesso, e affascinante, di rituali, magie, incantesimi, pozioni velenose ed erbe miracolose. Da giurista esperta nel settore da circa trent’anni, devo premettere che il caso fa parte d’un vasto corredo di vicende processuali realmente avvenute, fatte di nomi, cognomi, identificativi non di esseri soprannaturali terrificanti, ma di madri, figlie, amiche ecc. Sono tutte ben documentate negli archivi, tra manoscritti redatti su antiche pergamene ingiallite.
Come non subire il fascino (e non uso a caso questo vocabolo) del passato, soprattutto considerato che, chi scrive, è animato da tanta curiosità che vuole restituire al lettore?
Indagando su quelli che possiamo definire “cold cases” del passato, crimini irrisolti, tra le varie grafie (non sempre chiare) dei verbalizzanti, emergono i veri motivi celati dietro alle accuse. Anni di filmografia sul tema hanno alimentato scene di inquisitori che agivano indiscriminatamente, ma in realtà, a muovere le prime accuse, erano gli insospettabili, le persone più vicine alle indagate. La macchina giudiziaria partiva seguendo uno specifico iter, azionata da persone sospettose, spinte da paura, ignoranza, superstizioni, sempre alla ricerca del capro espiatorio responsabile dei propri guai.
Calamità naturali, malattie, infanticidi necessitavano di un colpevole. Fu con l’arrivo del “Malleus Maleficarum”, manuale pratico noto anche come “Martello delle Streghe” a partire dal Tardo Medioevo, che la figura della strega viene definita.
Ma cosa fanno le streghe di così terribile?
Le accuse riportano comportamenti che vanno ben oltre la fantasia, raccontando di riunioni celebrate danzando attorno a un albero, il cosiddetto “sabba”, dove, al centro, comparirebbe Lucifero in persona. Banchetti a base di carne umana, unguenti e bevande consumate al suono di strumenti musicali, nefandezze e molto altro.
Va precisato, però, che in Friuli Venezia Giulia il numero di casi legati alla stregoneria diabolica, intesa come invocazione demoniaca, furono minori e, soprattutto, vennero puniti con pene diverse dal rogo; questi elementi evidenziano subito la differenza con le altre zone italiane o europee, come la Scozia che ho studiato attentamente, dove la percentuale di persone punite con la pena capitale fu, purtroppo, molto elevata.
Lo stereotipo della “donna – malefica” correlato al mondo della magia tesa a causare la morte, malattie e fatture di vario genere, appare in Europa durante il XIV e il XV secolo, intensificandosi con l’intervento del potente mezzo della stampa negli ultimi due decenni del Cinquecento. Guaritrici, ostetriche, levatrici, medichesse, ma anche “Herbere”, o ancora, imprenditrici.
Come Anna, che vive a Spilimbergo, e viene processata nel Seicento.
Una donna di carattere e coraggiosa, tanto da gestire da sola un’osteria con cui mantenere le tre figlie. I cittadini fanno ricorso a lei per chiedere rimedi terapeutici: preparati buoni per curare o dar sollievo, estratti dalle piante. Miracolosamente funzionavano ma, nelle accuse, i rimedi si trasformano in pozioni, fatture e veleni agli occhi dei nemici (e degli approfittatori).
Da guaritrice conosce il concentrato di vitamine nelle bacche della rosa canina con cui cura le partorienti; le sue colleghe alleviano le ferite dolorose che colpivano le mani dei contadini causate dai duri lavori nei campi, grazie a unguenti a base di miele, lavanda, calendula. Per i soldati colpiti dai reumatismi c’era un buon decotto e l’arnica montana (buona anche per scacciare i lupi). Anna conosce il potere dell’uva ursina, mescolata con buon vino della zona e, probabilmente, sa bene che la pianta magica per eccellenza è la mandragora, buona per i neo-sposi, contro le cistiti, da somministrare ai bambini colpiti da febbre o mal di denti. Effettivamente gli studi della medicina moderna ne confermano le proprietà anestetiche e analgesiche, purché usate nella giusta dose.
Foto 3 – Il grande caprone. Francisco Goya
Anna è degna d’esser castigata acciò non facci male
Però “Anna è degna d’esser castigata acciò non facci male”. I fatti prendono avvio dalla morte sconvolgente del figlio di una famiglia di spicco friulana, infausto epilogo della malattia che si volle causata dalla strega. Il marito di una puerpera che si era rivolta alla guaritrice riesce addirittura a farla desistere dal fare del male: “…tornato a casa trovai che era ritornato il latte a essa mia moglie…” il tutto, però, dopo essersi scagliato comunque contro di lei, usando una terribile violenza così raccontata nei documenti: …“andando a ritrovare Anna nel suo magazeno, che vendeva vino, et con minaccie li messi le mani alla golla, facendoli uscir un dito di lingua, dicendoli che se esso mio figliolo moriva che voleva soffocarla…”.
L’efferatezza dunque era giustificata, secondo lui, perché donna di cattiva reputazione:“(…) sono tenute pubblicamente, et madre et figlie, per meretrici. Et fra le altre cose, questa Anna è una indevota”.
Anna continua a negare tutto e altre donne confermano la sua capacità di dispensare rimedi:
“…Andai et li raccontai l’infermità. Lei ordinò che pigliasse della mercurella, uva passa et onto et herbette, et che le mangiasse. Feci quanto mi disse”.
Ha circa 50 anni, una volta ricca possidente, ora si trova in difficoltà a causa di un credito non pagato, tanto da arrivare a impegnare il fazzoletto, rimarcando di aver più volte detto al suo debitore: “…Signor Andrea non si procede così, voler il vino senza soldi”.
Riassumendo dunque, gli Atti consultati ci dicono che Anna è una guaritrice, ostessa, ha tre figlie, spesso oggetto di offese, e vanta crediti così importanti da aver verosimilmente lanciato maledizioni contro un certo Alessandro che l’aveva scacciata da casa: “…È ben vero che habitando nella sua casa a basso, perché tenevo hosteria, mi licentiò di casa havendo egli figliuole…”.
Più volte aveva provato ad intervenire in soccorso delle figlie: “…Fu vero, che havendo menato due botte di vino del cavalier Ascanio da vendere, messer Andrea Balzaro ne cavò otto dieci boccali dalle mani di mia figliuola a credenza, et perché io bravai con lei, et gli diedi, detto messer Andrea gli diede più schiaffi”.
Streghe in Friuli: storia di un’ostessa “malefica”
L’incalzare delle confessioni di Anna ci aiuta a far luce sul contesto, soprattutto quando il giudice ascolta con attenzione e, in una delle tre sedute dell’interrogatorio, le chiede per quale motivo lei stessa non avesse fatto ricorso alle autorità denunciando i fatti. La risposta appare in tutta la sua drammaticità:
“…Non però dissi che non gli haverebbe dato più, ma solo dissi: Non si procede così a dar a mia figliuola, et tacei, perché il pesce grande mangia il piccolo”.
Il pesce grande non è di certo Anna.
Condivido questa storia perché sono animata dall’intenzione di dar voce al passato, e l’ho scelta per quello che potremmo definire (rispetto a altre sentenze più dure) a lieto fine: un giudice ravveduto ascolta i fatti in modo super partes, svela i misfatti (non di Anna) dietro alle denunce.
E allora le crede quando afferma decisa:
“…Io non ho fatto né so fare cosa alcuna di strigamenti”. Fortunatamente il caso non si chiude con una catasta di legna da bruciare, come quelle “costose” annotate nei registri; nessuna pena capitale soddisfa quanti la volevano strega.
Così i giudici, acquisiti tutti gli elementi per valutare la fondatezza delle accuse contro Anna, lasciano le persone che l’avevano denunciata, letteralmente, a bocca aperta.
*Monia Montechiarini
Giurista e scrittrice, esperta di diritto da trenta anni ricostruisce i veri processi contro le streghe e altre “criminali”, indagando in tutta l’Europa. Relatrice in importanti rassegne come il “Festival del Medioevo”, redige progetti europei collaborando con i principali enti ed organizza convegni anche col patrocinio del MIBACT e UE. Cura diversi saggi di successo sulle Streghe del Friuli, Roma, Veneto, per la Intermedia Edizioni oltre agli altri “Streghe di Scozia” e “Stregoneria: Crimine Femminile” (ed. Penne&Papiri). Il suo ultimo saggio “La strega del Novecento. Storie vere di donne coraggiose” appena pubblicato, conferma la sua competenza, rispetto e passione.
Immagini:
1 – The Magic Circle (1886) W. Waterhouse, dalla copertina del libro.
2 – La fuga in Egitto di Girolamo Stefanelli, Duomo di Spilimbergo, affresco sulla controfacciata (XVI sec.)
3 – Il grande caprone, F. Goya, Museo Lázaro Galdiano, Madrid (1797)
4 – Inferno. Giovanni da Modena. Basilica S. Petronio Bologna
Foto 4 – Inferno. Giovanni da Modena.Basilica S. Petronio Bologna
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