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L’Arc de Triomphe de Christo

Marco Casolo
L’Arc de Triomphe de Christo

L’Arco di Trionfo di Parigi fa parte dell’immaginario collettivo: monumentale, a forza di vederlo troppo, non lo si vede più. Come la Basilica di San Marco, a Venezia, come il Colosseo, a Roma. Come svegliare il nostro sguardo, la nostra passione retinica, la nostra pulsione ottica? Impacchettando, sottraendo alla nostra vista la bellezza, consegnandola all’invisibile. Frustrando i nostri occhi troppo abituati. Di fronte all’improvvisa impossibilità di guardare, voglio di nuovo vedere, rivedere.

Incartato, ogni regalo infiamma il desiderio. Soltanto quando il sipario è chiuso o la lettera è sigillata, tutto può cominciare. Finalmente, ricominciare.

Coline Lemoine

Napoleone ne aveva ordinato la costruzione nel 1806 per celebrare la vittoria della Grande Armata nella battaglia di Austerlitz. E’ dedicato anche alla memoria di tutti coloro che si sono battuti per la ‘grandezza’ della Francia, compresi i rivoluzionari e i repubblicani. In stile neo classico si ispira all’Arco di Tito nel Foro Romano. Alto 50 metri, largo 45 e profondo 22. Sono bastate 13 settimane di lavoro per impacchettare l’Arco di Trionfo, avvolgendolo con 25mila metri quadrati di tessuto in propilene riciclabile in blu argenteo e 5mila metri di corda rossa. L’installazione è stata chiamata “l’Arc de Triomphe, Wrapped”, (impacchettato) ed è il risultato di una collaborazione tra l’artista bulgaro Christo, morto nel 2020, il Centro Pompidou e il Centre des Monuments Nationaux. E’ rimasta visibile dal 18 settembre al 3 ottobre di quest’anno. L’autunno era stato scelto per non disturbare la nidificazione del falco pellegrino tra i bassorilievi dell’Arco. Costo dell’installazione: 14 milioni di euro, interamente finanziato da Christo, grazie alla vendita di alcuni suoi studi preparatori, dipinti, disegni, litografie e modelli di altre sue opere. Christo, esule bulgaro, e sua moglie Jeanne-Claude vivevano negli anni ’60 a Parigi, in una piccola stanza vicino all’Arco di Trionphe e già da allora si erano interessati a creare opere d’arte negli spazi pubblici. L’ispirazione, riguardo all’Arco, arrivò nel 1962 con la realizzazione di un fotomontaggio di un progetto pianificato. Nel 1988 hanno rivisitato l’idea e creato un collage dell’opera. Avvolgere con i tessuti palazzi e monumenti, come fossero oggetti da impacchettare, e’ diventato negli anni il ‘marchio di fabbrica’ di Khristo e Jeanne-Claude. Sono opere che hanno anche un filo conduttore tra la durata e la transitorietà estrema: come Christo ha scritto a proposito dei tempi lunghi di questo progetto. “abbiamo impiegato 10 anni per il Pont Neuf, 25 anni per il Reichstag e aspettato 26 anni per il Gates di Central Park.Tutti rifiutati più e più volte. Questa non è pazienza…Jeanne-Claude ha sempre detto che era passione”.

Ci sono voluti 60 anni di passione per l’impacchettamento dell’Arco, ma i due Artisti non hanno avuto la pazienza di vederlo realizzato.