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Blognotes 08
Blognotes 14
numero 14

Il tema del numero è "CONTAMINAZIONI"

Articolo presente in

Le forme dello sguardo femminile

di Anna Landi

La regista e sceneggiatrice francese Céline Sciamma è sempre stata interessata ad esplorare, attraverso la sua arte, l’animo femminile in tutte le sue forme e le sue contraddizioni. E l’ha fatto con estremo successo, anche con il suo ultimo film Ritratto della giovane in fiamme.

La storia segue la pittrice Marianne (Noémie Merlant), che è stata incaricata di recarsi in un’isola della Bretagna per dipingere il ritratto dell’aristocratica Hélöise (Adèle Haenel), promessa sposa di un nobiluomo milanese. Hélöise, fortemente contraria a questo matrimonio combinato dalla madre, inizialmente deve rimanere all’oscuro del ruolo ricoperto da Marianne e del vero motivo per cui si trovi lì con lei, e scoprirà solo successivamente di dover essere ritratta dall’artista: la giovane deciderà allora di partecipare al processo pittorico posando per Marianne, ma, successivamente la relazione tra le due donne evolverà, tramutandosi in un’intesa storia d’amore che sarà da questo momento in poi al centro della narrazione.

Ritratto della Giovane in fiamme permette alla regista di riflettere su che cosa voglia dire essere donna e artista in un mondo in cui gli uomini non entrano quasi mai nelle sue inquadrature, in cui non prendono mai la parola ma che, nonostante ciò, riescono a mantenere il potere decisionale sulla vita delle sue protagoniste. Nel film Hélöise rappresenterebbe la musa, ma è una musa che è quanto mai atipica rispetto alla narrazione che si è soliti fare di tale ruolo: qui Hélöise rifiuta di essere mero soggetto passivo ed esprime un’insolita indipendenza, diventando a tutti gli effetti co-creatrice del processo artistico di Marianne.

Questo rispecchia la precisa volontà della regista Céline Sciamma di, attraverso il suo film, mettere in atto un vero e proprio ribaltamento dell’idea che comunemente si ha sulla relazione che intercorre tra un artista e la sua musa, e che spesso tende a rappresentare quest’ultima come nient’altro che un misero oggetto, plasmato e trasformato dal talento di un artista. Numerosi esempi ci vengono alla mente, pensiamo al sodalizio artistico, ma poi anche sentimentale, tra Anna Karina e Jean LucGodard, tra Liv Ullman e Ingmar Bergman oppure tra Monica Vitti e Michelangelo Antonioni.

Una situazione in parte simile si ripropone proprio tra la regista Céline Sciamma e l’attrice Adèle Haenel, che si sono conosciute sul set “proprio come i personaggi del film si sono conosciute in uno studio di pittura e poi successivamente a lungo coinvolte in una relazione.

Il concetto di uguaglianza tra le due donne va anche al di là di questo aspetto puramente estetico: Céline Sciamma voleva che all’interno del film non ci fosse nessuna dominazione di genere e né intellettuale, e neppure che ci fosse nessuna gerarchia sociale a dettare il rapporto tra le due.

Proprio per sottolineare questo rifiuto di una presunta intrinseca passività della musa, torna ad aiutarci parlare di nuovo di sguardi. Quando Héloïse posa per la prima volta per Marianne, ella la sfida, invitandola ad allontanarsi dalla sua postazione d’artista (ed abbandonando di conseguenza il suo solito punto di vista) e facendola venire vicino a lei, dicendole poi: “se tu mi guardi, io chi guardo?”. Attraverso la figura specifica di Héloïse, Céline Sciamma vuole infatti riscattare e ridare voce alle donne/muse del passato, il cui unico modo di entrare in una bottega d’artista era posando come modelle.

Per riflettere sull’importanza che assume lo sguardo in Ritratto della giovane in fiamme, torna utile soffermarsi ad esaminare il mito di Orfeo ed Euridice, che ad un certo punto del film viene letto ad alta voce e discusso da Héloïse, Marianne e Sophie.

Il mito ricopre due significati all’interno della narrazione: come sottolinea la stessa Sciamma, il mito è stato inserito per mostrare l’aspetto intellettuale della storia d’amore tra le due donne. Dice lei stessa che: “[…] volevo davvero che lei (Héloïse) e Marianne avessero dei forti dibattiti intellettuali, e che potessimo vederle pensare insieme, all’interno della loro collaborazione artistica ma anche al cuore del loro dialogo amoroso. Perché volevo rappresentare in maniera molto precisa – utilizzando tutti gli strumenti cinematografici – l’indugio, la frustrazione, l’innamorarsi passo dopo passo. E volevo rappresentare il processo intellettuale dell’innamorarsi, del provare ammirazione e stupore per la mente della persona di fronte a te, e di come, improvvisamente, si crei un linguaggio comune”.

La lettura del mito, infatti, porta le giovani donne a discutere animatamente e ad interrogarsi sui motivi che hanno spinto Orfeo a girarsi a guardare Euridice, gesto che viene investito da ognuna di loro da diversi significati. Sophie appare irritata dalla scelta fatta da Orfeo, che ai suoi occhi dà prova di grande impazienza e che, proprio per causa sua, condannerà la sua amata a rimanere negli Inferi per l’eternità.

Marianne in parte concorda con l’opinione di Sophie ma allo stesso tempo tenta di giustificare Orfeo, sottolineando come la sua scelta sia innanzitutto legata all’importanza che riveste per lui il ricordo dell’amata, e proprio per questo egli finirà col fare quella che lei definisce come la scelta del poeta piuttosto che quella dell’innamorato. Ma è Héloïse che, per la prima volta, dà voce ad Euridice (che comunemente ricopre un ruolo passivo nel mito, sia nella versione di Ovidio che in quella di Virgilio) gettando luce su una prospettiva diversa: forse, suggerisce alle due donne, è stata proprio Euridice a parlare e a chiedere ad Orfeo di voltarsi a guardarla un’ultima volta, pur conoscendo le conseguenze del suo gesto.

Scegliere di dare voce ad Eurdice invece che ad Orfeo non rappresenta certamente una novità: si pensi per esempio al componimento del poeta britannico Robert Browning dal titolo Eurydice To Orpheus in cui l’io narrante è proprio Euridice che, rivolgendosi direttamente ad Orfeo, gli dice disperata:

But give them me, the mouth, the eyes, the brow!

Let them once more absorb me! One look now

Will lap me round for ever, not to pass

Out of its light, though darkness lie beyond:

Hold me but safe again within the bond

Of one immortal look! All woe that was, Forgotten, and all terror that may be,

Defied,—no past is mine, no future: look at me!

“Sì, dammi la bocca, gli occhi la fronte

E insieme mi prendano ancora – un solo sguardo

ora mi avvolgerà per sempre

per non uscire mai dalla sua luce,

anche se fuori è tenebra.

Tienimi sicura, avvinta

al tuo sguardo eterno. Le pene

d’un tempo, dimenticate, e il terrore

futuro, sfidato – non è mio

il passato né il futuro – guardami!”.

Poema che è stato composto proprio per accompagnare il dipinto del pittore preraffaelita Frederic Leighton che, nella sua opera, ritrae Orfeo con gli occhi saldamente chiusi mentre tenta di divincolarsi dalla stretta di Euridice, mentre ella insiste affinché l’amato la guardi, in una rappresentazione decisamente inusuale per la tradizione pittorica legata a questo racconto. In tempi più recenti il mito viene riletto attraverso un’ottica femminista, poiché esso rappresenta perfettamente, come sostiene il sociologo Klaus Theweleit, “un profondo conflitto di genere”.

Ad esempio nel poema Orpheus 1 della scrittrice Margaret Atwood: anche qui si sceglie di dare voce ad Euridice, ma è un Euridice che non è più accecata dall’amore, bensì è succube della decisione di Orfeo di riportarla in vita, e a lui si rivolge dicendogli: “tu non riuscivi a credere che ero più della tua eco.

Alla luce di ciò non è quindi un caso che la Sciamma metta in evidenza i parallelismi proprio tra Héloïse e Euridice, poiché: “Héloïse capisce che anche come spirito dell’oltretomba Euridice voleva decidere del suo destino, preferendo morire una seconda volta piuttosto che lasciare che la sua esistenza fosse assoggettata alle decisioni degli altri.”

Allo stesso modo anche Héloïse, durante tutta la pellicola, tenta di esercitare la sua indipendenza fino in fondo – anche se finirà con lo sposarsi contro la sua volontà –, e ciò rappresenta perfettamente il secondo motivo per cui il racconto è così fondamentale in Ritratto della giovane in fiamme: esso crea infatti un forte rispecchiamento tra i personaggi del mito e quelli del film, perché, proprio come Héloïse ci ricorda Euridice, allo stesso modo anche Marianne ci fa pensare ad Orfeo, ed inevitabilmente ecco che anche la relazione tra le due altro non è che una ripetizione di quella dei due amanti del celebre mito greco.

Pensiamo, ad esempio, al momento dell’addio tra le due donne, quando Héloïse insegue Marianne e, poco prima che ella apra la porta ed esca dalla sua vita, Héloïse le si rivolge, invitantodola a girarsi a guardarla. L’invito viene accolto da Marianne che si gira un’ultima volta, decidendo, implicitamente, di fare la scelta del poeta (o in generale dell’artista, potremmo dire in questo caso), la stessa fatta da Orfeo.

Infine, nella scena finale, Marianne, recatasi a teatro per ascoltare un concerto delle musiche di Vivaldi, ritrova per l’ultima volta Héloïse. La guarda intensamente, mentre ella è scossa dai sentimenti provocati dalla musica e dal ricordo della loro storia d’amore: eppure Héloïse non si gira, poiché questa volta è lei a scegliere, e fa la scelta dell’innamorata.