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Blognotes 08
Blognotes 14
numero 14

Il tema del numero è "CONTAMINAZIONI"

Articolo presente in

Tracce di un percorso generazionale. Un libraio incontra uno scrittore

di Mauro Danelli

Nel gennaio del 2020, poco prima che scoppiasse la pandemia, ho potuto incontrare Maurizio Maggiani a Genova nella caffetteria Lomellini, quella da lui preferita. Quando sono arrivato era già lì che stava sorseggiando una cioccolata calda. Del resto faceva abbastanza freddo. Essendo quasi coetanei abbiamo deciso subito di passare all’uso del tu. Questa è stata la nostra conversazione:

IO Caro Maurizio, ho voluto incontrarti perché apprezzo molto il modo serio e coerente con cui metti in rapporto la scrittura con la vita. D’altro canto si continua a discutere tanto su cosa sia più importante tra forma e contenuto: tu che ne pensi?

LUI “Per me vale una frase di Edoardo De Filippo «cerca la forma e troverai la morte, cerca la vita e troverai la forma». Lo scrittore deve lavorare per un equilibro tra il messaggio che vuole dare e lo stile attraverso il quale comunicarlo. Più riesce a trovare questo equilibrio più il suo lavoro può dirsi riuscito.”

IO Cosa pensi della figura dello scrittore all’interno del circuito librario?

LUI “Prima di tutto sono contrario all’attuale assurda produzione di libri, spesso scritti piuttosto velocemente. Io do vita ad un romanzo lavorando quattro, cinque anni. Ci sono scrittori che propongono un romanzo all’anno e a volte anche più di uno: non mi pare una cosa troppo seria. Credo che dovremmo interrogarci sul gran lavoro, spesso a perdere, che questa produzione comporta.

Mi pare che quanti hanno a che fare con il libro, editori, scrittori, librai, lettori si preoccupino poco del fatto che tutto questo sistema alla fine si basa anche su una forma di schiavitù cui sempre più spesso vengono sottoposti tanti operatori del sistema distributivo. Tutti voglio prezzi più bassi, ma questo lo si fa pagare agli “operai” del mondo librario. Operai sottopagati e sottoposti a carichi di lavoro opprimenti. Io lavoro con la testa, loro lavorano con le mani, ma ritengo che per tutti deve trattarsi di lavoro onesto, onestamente eseguito e onestamente retribuito. Lo scrittore che guadagna tanto o abbastanza non può disinteressarsi al fatto che parte del suo guadagno dipende dallo sfruttamento di altri. Uno scrittore serio non può limitarsi a fare appelli umanitari oppure scrivere libri animati dai migliori propositi e poi lasciare che essi vengano venduti a quelle condizioni”.

IO È un pensiero che ti fa onore e giustifica il mio apprezzamento per la serietà e coerenza che ti attribuivo all’inizio della nostra conversazione. Direi che questa tua idea fa sentire un forte bisogno di giustizia sociale.

LUI “Certamente. Dobbiamo però chiederci attraverso quali strade perseguirlo oggi. Per quel che mi riguarda sento di avere uno spirito sostanzialmente anarchico nonostante le mie simpatie per Mazzini, Pisacane, Garibaldi e un po’ tutto il nostro Risorgimento. Ma, attenzione, mi riferisco al Risorgimento ideale, quello di molti volontari garibaldini partiti per costruire un paese migliore, e non certo al Risorgimento sostanzialmente tradito dai Savoia e dalla nuova classe politica.”          

IO E degli intellettuali e politici di oggi cosa pensi?

LUI “Penso che abbiano perso il senso del loro ruolo. La sinistra italiana in particolare ha smarrito la sua strada, ha dimenticato la sua missione, che dovrebbe essere quella di lottare per un elevato livello di giustizia sociale. Questa sinistra deve cambiare, deve smettere il suo senso di superiorità morale e culturale, questo suo atteggiamento distaccato dai sentimenti e dai bisogni del popolo. Deve tornare al dialogo di quartiere, un quartiere che funzioni da presidio sociale, favorendo un’analisi condivisa dei problemi e una condivisa ricerca delle soluzioni. Se consideriamo che uno come Stephen King, miliardario e protestante, si batte per queste cose qualche inquietudine dobbiamo provarla. Bisogna tornare a elaborare un progetto volto a un futuro migliore. È un pensiero che nella nostra sinistra pare essere morto insieme a Enrico Berlinguer.”

IO Possiamo parlare di un percorso fallimentare della nostra generazione?

Copertina de "Il romanzo della nazione"
Copertina de “Il romanzo della nazione”

LUI “Certamente. Possiamo parlare di fallimento del nostro progetto generazionale. Progetto che non abbiamo saputo realizzare, lasciando che tutti gli ideali del ’68 venissero fagocitati e nullificati dall’attuale società: società della leggerezza, del rumore, dello spettacolo. Una società sempre più dominata dal narcisismo, dal protagonismo, dall’egoismo. Una società così individualista che quando ti sentono parlare in questo modo ti danno del moralista ingenuo e petulante. Non puoi parlare di valori smarriti, perché conta solo il successo personale. Vale anche per noi scrittori. Vale anche per voi librai. Vale un po’ per tutti. Ogni generazione dovrebbe preparare per quella successiva gli strumenti necessari per concepire e costruire un mondo migliore. Noi questo non lo abbiamo fatto. E adesso non ci resta che sperare in una nuova gioventù, capace di ripartire con modi e strumenti nuovi, che noi oggi, usando i nostri vecchi parametri, non riusciamo a concepire e comprendere. Dobbiamo sperare che nascano nuovi politici e intellettuali capaci di cambiare questa realtà così povera di giustizia sociale. Vorrei anche aggiungere che la nostra generazione ha perso un’occasione importante, legata alla fortuna di una giovinezza libera, una libertà mai provata prima e che forse non verrà più provata. Grazie al boom economico abbiamo goduto di una grande libertà fisica e morale. Abbiamo potuto rinviare l’ingresso nel mondo del lavoro oltre i diciotto anni e conseguentemente abbiamo avuto il tempo di pensare a un futuro ricco di prospettive e ideali da realizzare; non più schiavi del bisogno e capaci tutti, anarchici, socialisti, democristiani, di affrancarci da un passato molto pesante e di prepararci ad una rivolta mondiale, quella appunto del ’68. Ma non è andata bene. Come possiamo parlare di un Risorgimento tradito e di una Resistenza tradita dobbiamo anche parlare di un Sessantotto tradito.

IO E lo scrittore quale ruolo può avere in tutto questo?

LUI “Per un attimo mi piacerebbe parlare di narroterapia. C’è bisogno di raccontare e sentire storie per superare la fatica esistenziale. Spesso però può essere più potente la narrazione orale piuttosto che quella scritta. Questa rischia di essere piatta, monodimensionale, mentre quella, spesso affidandosi al lamento, può veramente essere terapeutica. Intendo un lamento che serve per continuare a lavorare, a trovare la forza di combattere contro le avversità e le varie forme di ingiustizia. Comunque per tutti, anche per lo scrittore, vale la cura del lavoro. Ogni lavoro può essere dignitoso, ma solo se svolto con cura.

una conversazione immaginaria fra Mauro Danelli, libraio, e Maurizio Maggiani, scrittore.

IO Va bene Maurizio, abbiamo parlato di tante cose e di tante altre potremmo ancora parlare. Magari avremo occasione di trovarci un’altra volta e riprendere tutti questi temi. Ti ringrazio e ti auguro un buon lavoro per il futuro.

LUI “Grazie a te e auguri anche per il tuo lavoro, che so non essere privo di insidie e pesantezze”.

Ed ecco la verità: questa conversazione tra me e Maurizio Maggiani in realtà non è mai avvenuta. Però, attraverso la conoscenza della sua biografia e la lettura dei suoi libri, ritengo possa trattarsi di una costruzione affatto plausibile. Se ci fossimo veramente incontrati, se dovessimo veramente incontrarci credo che tante delle cose da me immaginate potrebbero corrispondere al pensiero di questo “onesto lavoratore e ottimo scrittore”. Mi piacerebbe definirlo “scrittore operaio”: pur non essendo cattolico ho sempre considerato con interesse e ammirazione la figura del “prete operaio” ed è in questo senso che userei per lui quella definizione. In quanto a cosa leggere per conoscerlo, direi che la sua opera in generale può essere meritevole di lettura e attenzione, ma in particolare consiglierei “Il coraggio del pettirosso”, “Il romanzo della nazione” e “Il viaggiatore notturno”.