Articolo presente in

KARMA CLIMA: la crisi ecologica secondo i Marlene Kuntz

Marina Fabris
KARMA CLIMA: la crisi ecologica secondo i Marlene Kuntz

Pordenone, 6 novembre 2022, alle 21.40 nella sala del Capitol si spengono le luci: sul palco salgono i Marlene Kuntz. Presentano Karma Clima, il loro ultimo album, uscito il 30 settembre per Ala Bianca e Warner. Il concerto comincia però con “Come stavamo ieri”, storico pezzo dell’album Il Vile, seguito da altri quattro brani della loro passata discografia. Riccardo Tesio alle chitarre, Luca “Lagash” Saporiti al basso, Sergio Carnevale alla batteria e Davide Arnoldo a violino e tastiere accompagnano la voce e la chitarra di Cristiano Godano, da sempre il frontman della band piemontese.

Breve pausa per salutare il pubblico e spendere due parole riguardo alle tematiche affrontate da Karma Clima; ma si torna subito a suonare. Il primo pezzo del nuovo album che viene proposto è “L’aria era l’anima”, malinconica ballad arrangiata con piano e voce (la versione in studio è stata registrata con la collaborazione della cantante Elisa), che descrive il ricordo di un nonno, il ricordo di un tempo in cui “l’aria era l’anima/ era viva e magica”.

Ma la piazza, cantata nella seconda strofa, dove prima c’era un ulivo su cui i ragazzi incidevano le loro iniziali, è stata sommersa dall’acqua, e “l’aria ora è minima/ senza vita e umida/ nella notte insonne che ci logora”.

Dopo un altro pezzo tratto da Karma Clima, e due brani della vecchia discografia, è il momento, in posizione centrale rispetto alla scaletta del concerto, di uno dei due singoli usciti in anteprima alla pubblicazione dell’album: si tratta di “Vita su Marte”, il manifesto della crisi ambientale che i Marlene Kuntz vogliono giustamente denunciare. Tra terre che bruciano, acqua che scarseggia e ghiacci che si fanno mare, prati fioriti solo per farsi guardare, affiora la preoccupazione per le generazioni future: “figlio mio, mi dispiace/ e chissà se si poteva evitare” canta Godano. Nel successivo pezzo “La fuga”, invece, emerge un interrogativo quasi etico: in che misura siamo colpevoli dei brutti guai del mondo? Come dobbiamo comportarci una volta che li abbiamo riconosciuti e abbiamo preso le distanze dalla “società inquinante, inquinata” in cui siamo immersi? L’arrangiamento, inizialmente scarno, si riempie e, in costante crescendo, esplode nel finale dai ritmi quasi ossessivi, in cui i Marlene ci sbattono in faccia una risposta disperata: “la fuga, l’oblio/ la fine, l’uscita di scena/ l’eclisse, il nulla cosmico”.

Karma Clima, insomma, parla della crisi climatica, ma lo fa senza scadere nel tecnicismo, o nel cliché, evade dalla semplice – e facile – critica di un mondo che non funziona, per dare spazio, invece, con geniale eleganza, ad una prospettiva più intima e sofferta: quella dell’uomo che vive, che abita questo mondo che non funziona, che lotta dentro questo mondo che non funziona, con i suoi sentimenti e i suoi sguardi.

Ecco, quindi, che la sala del Capitol si è trasformata nella cameretta interiore di ciascuno spettatore, in cui spettatori non si è più, ma persone nella propria totalità, con tutte le proprie intime vicissitudini. La camicia fradicia di Godano riflette quel briciolo di “sacrosanta verità” (titolo di uno dei primi pezzi proposti durante il concerto) che i Marlene Kuntz sono riusciti ad esprimere, che affiora nella loro musica, nelle chitarre graffianti, nei ritmi incalzanti, con il basso martellante, nei respiri del violino. Niente artifici, tutto ciò che c’è, c’è perché serve, perché è vero.

Dopo il bis, nessun idillio, ma suoni acidi e distorti salutano il pubblico, che si risveglia da questo viaggio con una punta di malinconia. Saremo riusciti a cambiare qualcosa la prossima volta che ci incontreremo?