Cerca
Close this search box.
Blognotes 08
Blognotes 14
numero 14

Il tema del numero è "CONTAMINAZIONI"

Articolo presente in

L’accessibilità è interesse di tutti

di Margherita Flego

Riconoscersi in supereroi da medaglia d’oro

14 settembre 2016. A casa mia è ora di cena, a Rio invece è un pomeriggio importante.

C’è la finale della gara di scherma femminile in carrozzina, che io sto seguendo dal cellulare. Un’ultima stoccata e… ORO! L’urlo di Bebe Vio che col volto commosso riemerge da sotto la maschera blu è sempre un’emozione forte.

Lei, la prima al mondo a tirar di scherma con quattro arti amputati. Lei, che a 11 anni entra nel “fortunato club” del 3%, i bambini che sopravvivono a una meningite fulminante. Lei che “mi metto le mani e facciamo l’intervista”…

L’anno scorso, alla Paralimpiade di Tokyo, Bebe ha vinto un altro dei suoi tanti ori, particolarmente prezioso perché solo pochi mesi prima aveva rischiato la vita a causa di un’infezione molto aggressiva. Un altro oro arrivato dopo che il suo ortopedico, il dottor Accetta, le aveva già prospettato l’ennesima amputazione…

Se sembra impossibile allora si può fare¹, come recita il titolo di un suo libro.

Ma di Tokyo ho soprattutto un’altra immagine stampata in mente.

Atletica, finale dei 100 metri femminile. Sento ancora nelle orecchie quella frase “Sta salendo l’onda azzurra. STA SALENDO L’ONDA AZZURRA”. È un attimo, la gara dura meno di un minuto. E sul podio ci sono una, due, TRE ragazze italiane. Davanti a tutte Ambra Sabatini, che non ha neanche vent’anni, dietro di lei Martina Caironi, 32 anni, una delle leggende dell’atletica paralimpica e poi ancora Monica Contrafatto.

Ambra e Martina la gamba l’hanno persa da ragazze per uno stupido incidente in motorino; Monica mentre era in missione come militare in Afghanistan.

Ancora adesso mi commuove rivedere la velocissima tripletta.

Tre gambe e tre protesi che, come frecce, una dopo l’altra tagliano l’aria e stracciano il tempo.

Non ho particolare passione per lo sport né la velleità o le capacità per poter mai vincere una medaglia olimpica.

Credo però che uno dei più grossi problemi quando si ha come compagna di vita una disabilità sia la rappresentazione a livello mediatico. Anche se da qualche tempo, soprattutto da quando ci sono i social, è più facile, è ancora difficile per un bambino o una bambina con disabilità riconoscersi in “esempi vincenti”, in persone che dovrebbero avere “qualcosa in meno” ma riescono comunque a fare cose “straordinarie”. È un discorso molto scivoloso, perché nessuno sta male e combatte le sue battaglie per motivare gli altri.

E del resto non è neanche giusto sminuire le proprie sfide e i successi quotidiani. Ognuno ha le proprie medaglie da vincere: essere autonomo, lavorare, prendere la patente, studiare, magari fuori dalla sua città, andare a vivere da solo, farsi una famiglia…

Fenomenologia semiseria del quotidiano slalom in una giungla di barriere architettoniche e lungaggini burocratiche.

Queste legittime ambizioni per tutti quando c’è di mezzo una disabilità le cose tendono a complicarsi parecchio, perché quello che c’è fuori non è esattamente un mondo a tua misura.

Premetto: parlo di disabilità fisiche, della mia e del poco che conosco di quelle delle altre persone che ho incontrato.

Dunque vuoi proprio uscire da casa? Ma sei sicuro? Vabbè, eccoti pronto un arsenale di barriere architettoniche. Per esempio, cosa ne pensi di un bel marciapiedi senza scivolo? Non sei contento di poter fare comodamente bungee jumping dal gradino? Se cammini allora non puoi perderti le ringhiere che si interrompono nel nulla! L’ascensore? Eh no, si è rotto PROPRIO IERI! O peggio ancora, c’è… MA sarà abbastanza largo perché la tua carrozzina possa entrarci? E comunque dai, ci sono sempre le scale… o in un bellissimo percorso tuuuuutto dritto… e molto più lungo ovviamente.

Hai pure bisogno del bagno? Beh, accomodati! Per arrivarci c’è una rampa e poi… una fantastica turca! Tanto è più semplice da pulire, no? (Un paio di volte ho avuto la malaugurata necessità di tentare l’ebbrezza dell’esperienza e ho seriamente pensato di restarci lì per terra…) Oh guarda! Un comodissimo parcheggio disabili vicino… Eh dai, non prendertela! Ho parcheggiato qui solo un minuto fa! Andavo di fretta! (io invece ho tutto il tempo del mondo e posso farmi 70 km in più, che sarà mai…) E ora cos’è che vuoi? Andare un concerto o a teatro? Viaggiare??? Beh, intanto devi muoverti con lauto anticipo e VEDREMO se e come sarà possibile accontentarti. Che poi, del resto, spesso non sono accessibili nemmeno gli studi medici o ginecologici… Ah vuoi pure ottenere gli ausili o le agevolazioni che ti spettano? La burocrazia ti aspetta per un fantastico pellegrinaggio per uffici!

Poi però esci dall’Italia e magicamente scopri che la tua esistenza semplicemente… È PREVISTA!

Che il disabile che cammina ESISTE, che alcuni addirittura usano ANCHE la sedia, che tram e autobus sono ad altezza terra o che hanno sempre le pedane per far salire una carrozzina, che puoi scendere dal marciapiede senza doverti lanciare, che ci sono addirittura ascensori di vetro che non disturbano il paesaggio…

Voglio ora raccontare le storie di alcuni dei miei “supereroi”, ben consapevole che siano… siamo!, una minoranza di disabili “fortunati”.

Che c’è anche chi – persone con disabilità molto gravi e limitanti, ma anche i loro caregiver – farebbe molto fatica a definire la propria vita una figata come dice Bebe. Forse è la maggioranza, troppo logorata dalla strenua lotta contro tutte le barriere fisiche di cui parlavo prima per poter pensare di fare cose straordinarie. Personalmente la cosa che più detesto sono però le barriere mentali: gli occhi e i commenti, magari mormorati, della gente che vede “il disabile” come un essere poverino e triste che non potrà mai fare nulla di utile per sé o per la società… Questi discorsi possono avere anche esiti inquietanti, come già è successo nella Storia.

Queste storie vogliono essere solo alcuni esempi di come i limiti siano differenti da quel che si crede. Ne potrei raccontare molte altre.

CESARE che non vede i limiti

Un pomeriggio dopo il lavoro scrollavo distrattamente Instagram.

Mi colpì in particolare il video in cui un bambino riusciva a riconoscere i giochi che la sua mamma faceva cadere… solo dal rumore che facevano cadendo!

Cesare ha quasi 5 anni, un ciuffo biondo, spesso acconciato con cerchietti e mollette. È il piccolo di casa, ha un fratello e una sorella più grandi, un bellissimo cane nero di nome Joy… A vederlo non sembrerebbe molto diverso dai miei nipotini o da tanti figli di mie amiche.

Solo che lui quelle macchinine non le vede più.

Tre anni fa, a 18 mesi, un tumore al nervo ottico gli ha fatto perdere completamente la vista nel giro di un mese e mezzo. È ingiusto per un bambino così piccolo precipitare nel buio e lui è spaventato dalla nuova realtà. Poi il mondo si ferma. Complice il lockdown e i due fratelli rimasti a casa, a Cesare torna la voglia di riscoprire il mondo.

E a vederlo adesso si potrebbe quasi pensare che lui i limiti proprio non li veda! Ammiro molto la naturalezza e “l’incoscienza” da bimbo di 4 anni con cui affronta il mondo. La sua mamma, Valentina, qualche anno fa ha deciso di raccontare la_storia_di_cesare² sui social.

Da loro sto imparando a conoscere la disabilità visiva. Quello scricciolo biondo mi stupisce ogni volta: lui che vede con le mani, che si muove nel mondo ascoltando i rumori che le cose gli restituiscono quando cammina, che non ha paura di chiedere e farsi guidare da chi vede. Ho imparato per esempio che esistono tempere a dita che una volta asciutte hanno una grana diversa a seconda del colore.

Certo, non è tutto oro quello che luccica e adesso un altro tumore e la sua malattia rara gli stanno dando parecchio filo da torcere, specialmente in questi giorni.

Ma Cesare ha intorno a sé una splendida famiglia che lo tratta per quello che è… un bambino!

Non ho potuto incontrarlo di persona e me ne dispiaccio, ma ci tengo comunque moltissimo a ringraziare la sua mamma, Valentina Mastroianni, per avermi dedicato il tempo di alcune email nonostante il momento non semplice che stanno attraversando.

A Cesare, che è un combattente, l’augurio di un futuro luminoso!

GIULIA, la donna che attraversa i confini”

Su Instagram ho incontrato anche la storia di Giulia.

A 19 anni un incidente in motorino col fidanzato di allora le “regala” una paraplegia. Col ragazzo, uscito illeso dall’incidente, finisce male. Ma in ospedale incontra uno studente di fisioterapia…

Da allora sono passati undici anni e con Andrea, nel frattempo diventato suo marito, non hanno mai smesso a viaggiare. Ci sarebbe da parlare per ore dei loro viaggi, ma vi conviene andarveli a vedere sul suo profilo. E non li ferma davvero nulla! Per mano o aggrappata alle spalle di Andrea, Giulia è arrivata fino in cima a Machu Picchu e sulla Muraglia Cinese.

“Qualcuno doveva dire al mondo: ‘Sai, una ragazza in carrozzina una volta l’ha fatto’. Se qualcuno lo fa, si crea un precedente. E io volevo essere quel precedente”. A proposito di rappresentazione!

A se stessa, e alla piccola e bellissima Sophie che un anno e mezzo fa è arrivata a completare la squadra di viaggiatori, Giulia ha fatto una promessa: “Non posso ridarti le gambe, ma PROMETTO CHE TI DARO’ IL MONDO” che peraltro è il titolo del suo primo libro3

Iocivado con ANNALISA

Con Annalisa invece ci si siamo incontrate di persona.

35 anni, quattro ruote, un grande amore per il canto e per l’Irlanda.

Doveva essere un breve incontro e invece siamo rimaste a chiacchierare per tre ore!

Già decidere il luogo dove vederci è stata una sfida molto istruttiva per me. Ho realizzato di colpo che le scale, che io faccio seppur faticosamente da tre decenni, rendono casa mia completamente inaccessibile per una persona che si sposta su ruote!

Per Annalisa la sedia a rotelle non è un limite, ma solo il mezzo per fare le cose che vuole, anche lanciarsi col parapendio!

Abbiamo parlato molto di viaggi, passione che condividiamo. Dei tanti fatti in giro per il mondo ricorda con particolare affetto l’esperienza di scambio in Irlanda, che tra l’altro descrive come un paese accessibilissimo. Mi ha anche raccontato di quella volta in cui è stata invitata alla festa per il pensionamento di un assistente per viaggiatori a ridotta mobilità di una stazione ferroviaria. Erano entrati in confidenza, tante eran le volte in cui l’aveva accompagnata!

Ringrazio molto Annalisa Noacco per aver accettato di condividere la sua storia.

Dalla sua esperienza e da quella di altre persone, come William Del Negro, è nata alcuni anni fa l’idea dell’associazione IO CI VADO⁴.

Quando le ho chiesto qual è il più grosso limite per un viaggiatore con esigenze particolari mi ha risposto che, pur nell’impossibilità di soddisfare necessità che possono essere opposte – una soluzione ottimale per me che cammino può non andare bene a lei che usa la sedia e siamo entrambe persone con disabilità – il maggiore ostacolo è reperire le informazioni utili, che magari qualcuno ha già raccolto, ma non sono state organizzate per essere fruibili da tutti.

Accessibile a me, accessibile a tutti

Sempre a proposito di turismo accessibile (e non solo) di recente ho avuto modo di sentire un episodio di un podcast molto interessante intitolato Fuori Norma.

Ospiti della puntata due sorelle venete, Sara e Alessia, che alcuni anni fa hanno dato vita al progetto Ruote libere. L’idea era venuta loro quando, durante una vacanza in Toscana, Alessia, che è in carrozzina, non aveva potuto visitare un museo perché non era accessibile.

La soluzione, a mio parere, si chiama Universal Design: una concezione dell’architettura che progetta gli ambienti, o li adatta, per far in modo che siano accessibili a tutti, disabili o meno, funzionali e anche esteticamente piacevoli. Si noterà come un ambiente che sia pensato e accogliente per chi non vede o non sente, è di statura ridotta, si aiuta nel cammino con un bastone o con le stampelle, si sposta su ruote o con un cane guida… semplificherà la vita anche a una mamma con un passeggino, a una persona anziana o chi ha un problema temporaneo, come una gamba rotta. Basta davvero poco e molti limiti passano in secondo piano.

1- Bebe Vio, “Se sembra impossibile allora si può fare”, BUR editore, 2017

2- La storia di Cesare, https://www.instagram.com/la_storia_di_cesare/ ma li si può seguire anche su Facebook e Tik Tok, con lo stesso titolo. [Nel settembre 2023 esce il libro di Valentina Mastroianni “La storia di Cesare. Scegliere a occhi chiusi la felicità”, DeAgostini Libri]

3- Giulia Lamarca, “Prometto che ti darò il mondo”, settembre 2021. Il mese scorso invece è uscito il secondo libro “Un viaggio che parla di te”, marzo 2023. Li si può seguire sul canale YouTube https://www.youtube.com/channel/UC1oKvGxeEZi3MZILwWcQMcw o su Instagram https://www.instagram.com/giulialamarca ma anche su Facebook e Tik Tok

4- #IOCIVADO APS, https://www.iocivado.org/chi-siamo-2/

5- Non sono la sua badante, siamo sorelle. Fuori Norma ep.20, il podcast si può ascoltare su Spotify https://open.spotify.com/episode/5yYuhrdOoTNWfsk2avaH2k?si=fVfZrnhoTE-b5-BF_lp7KA e su YouTube https://www.youtube.com/watch?v=b83v2UAONpM&list=PLZSZZXY4D9g5SHaeVK_feq6imo9W7tzDW&index=11 – Sara, Alessia e le loro Ruote libere di trovano su https://www.instagram.com/ruote.libere/, ma anche su Facebook e Tik Tok