Blognotes 08
Blognotes 13
numero 13

Il tema del numero è "IL DOPPIO"

Articolo presente in

Doppio linguaggio in politica

Mario Giannatiempo
Doppio linguaggio in politica

Un linguaggio doppio si serve di diverse forme manipolatorie per raggiungere i suoi scopi. Può tacere alcuni dati per esaltarne altri, accreditare tesi inconsistenti facendole apparire credibili e reali; può far apparire vero ciò che vero non è. Nasce da questo un insieme di riflessioni, da parte di chi scrive, che possono essere condivise o meno, come è giusto che sia in un dibattito aperto, ma che innanzitutto vogliono spingere a interrogarsi, sollevare dubbi, a cercare, se c’è, un’altra verità. 

In Europa siamo in guerra dal febbraio 2022, ma la comunicazione a riguardo, sempre più controllata, spostata spesso altri temi, è riuscita a dare una visione dei fatti continuamente alterata, ora circoscritta ora allargata a seconda delle esigenze e degli interessi del momento.

Ma quanto può danneggiare in politica un linguaggio falso o  di parte? La storia passata ha molti esempi da offrirci e quella recente dovrebbe farci pensare. Quando c’è stata la crisi ucraina, un linguaggio doppio, falso nelle parole e nelle finalità ha illuso l’ex stato sovietico sulle reali possibilità di sganciarsi dall’orbita russa; ha decantato l’appoggio che avrebbe trovato dalla parte dei buoni, ovvero della Nato, Inghilterra e Usa e ha taciuto sui costi economici e umani che quest’avventura avrebbe dovuto pagare.

Grazie ad una comunicazione inquinata la guerra dell’Ucraina è diventata lotta di libertà e di difesa di tutta l’Europa. Perché la Russia aveva un progetto imperialistico ambizioso che prevedeva la riconquista di tutti i paesi prima appartenuti all’URSS!!

La minaccia era vera, la tesi attendibile? o volutamente allarmista? Rispondono i fatti!! Se la Russia non è riuscita a battere l’Ucraina, quali speranze poteva avere un progetto cosi spropositato e ormai fuori tempo?

Eppure questo timore ripetuto in tanti media e su tante bocche pseudoaccreditate ha dato alla guerra un significato diverso e falso, assegnando a un conflitto locale una valenza simbolica pericolosa.

Così gli ucraini sono sembrati impegnati non solo nella difesa della propria terra ma della stessa Europa in nome di un diritto universale alla libertà. Ma se è vero che gli ucraini stanno difendendo l’Europa, allora combattono e muoiono al nostro posto? Quindi l’UE è in guerra con la Russia, in un conflitto non dichiarato, fatto però per interposta persona o meglio… nazione?

Manifestazione in favore dell’Ucraina. Foto di Karabo_Spain da Pixabay

I russi, cattivi e invasori, sono l’impero del male. Che nessuno osi pronunciare un “Ma…”! Si può essere certi che passerà per un filorusso, un nemico degli ucraini e della stessa Nato!

E’ vero, la Russia ha la colpa di aver invaso l’Ucraina. Ma tutto è accaduto all’improvviso?

Dal 2014 c’erano tensioni e scontri nella regione del Donbass dove comunità russofile lamentavano discriminazioni e attacchi da parte di formazioni ucraine militarizzate; dal 2016 sembra che specialisti nato aiutassero le forze ucraine a prepararsi allo scontro. Quindi perché partire dall’invasione russa come se un prima non esistesse?

Perché si è taciuto sul fatto che l’Europa e la Nato hanno brigato da tempo per portare verso l’Occidente tutti i paesi dai quali la Russia poteva sentirsi protetta? Mentre promesse verbali da parte delle potenze occidentali, dopo il ritiro delle truppe russe dalla Germania e dai paesi dell’Est, avevano garantito che la Nato non si sarebbe allargata (uno scoop in proposito di Der Spiegel del 15.02.2022 sembra confermare questa tesi). In ogni caso, come si è potuto ignorare che la Russia si sarebbe sentita minacciata dalla perdita del controllo dell’Ucraina e avrebbe cercato di impedirlo?

Qualcuno potrebbe dire che sono calcoli superati, legati alle passate logiche di una guerra fredda che non c’è più. Ma quando è finita? La sopravvivenza stessa della Nato non conferma l’esistenza di blocchi contrapposti, di logiche di diffidenza?

È stato detto che la guerra sarebbe finita in poco tempo! Che la Russia in pochi mesi sarebbe implosa! Che le sanzioni avrebbero schiacciato Putin, che ci sarebbe stato presto un colpo di stato, un rovesciamento di potere!

I fatti dicono diversamente! Allora perché si dava per scontata una fine vicina dell conflitto ed una clamorosa debacle della Russia?

Forse l’idea (o speranza) di una rapida conclusione avrebbe fatto accettare più facilmente uno scontro  che nemmeno i due paesi coinvolti volevano veramente?

Prima di entrare in Ucraina la Russia ha passato mesi ad ammassare truppe al confine. Qualcuno ha letto quella pausa come un minaccioso ricatto e arrogante dimostrazione di forza. Ma forse Putin aspettava  che Usa, Inghilterra e Nato, con un accordo esplicito o segreto,  rinunciassero, almeno in tempi brevi,  ad appoggiare l’ingresso dell’Ucraina in Europa. 

Oggi, di fronte alle tante migliaia di morti, dall’una e dall’altra parte, alle distruzioni, alle rovine, ai tanti feriti, alle centinaia di migliaia di sfollati, perché non abbandonare finalmente un linguaggio doppio e dire la verità?

Che questa guerra è stata inutile e che era possibile evitarla. Che non è stato fatto nulla per evitarla perché si rincorrevano altre finalità estranee alle ragioni ufficiali del conflitto. Che non si è mai cercata la pace con la stessa intensità con la quale si è cercato lo scontro.

Gaza, segni dei bombardamenti israeliani. per gentile concessione di Activestills.org

Da pochi mesi nuovi fatti hanno spostato altrove interessi e attenzioni. Gli Usa sono impegnati accanto ad Israele in Medio Oriente. Le ragioni del conflitto  russo-ucraino non sono più prioritarie né così pressanti. Possono stranamente aspettare.

Ma intanto è cominciata un’altra comunicazione faziosa. Sui fatti del 7 ottobre i diversi commenti hanno parlato sempre di terrorismo, anche quando è apparso evidente che bisognava parlare di atti di guerra anche se feroci e disumani. Ma esiste una guerra pulita e umana? Dove? Per giorni tutti i media hanno trasmesso immagini tese a rappresentare la ferocia dei terroristi di Hamas. Perché fosse giustificata la ferocia della risposta? La distruzione di Gaza trova nei media e nelle opinioni dei diversi leader occidentali una giustificazione nel diritto alla difesa. Il diritto alla difesa è diventato un mantra con il quale chiudere ogni discussione.

Ma dopo 25.000 morti, di cui il 70% donne e bambini, un numero imprecisabile di sepolti sotto le macerie, migliaia di feriti ed edifici distrutti, può ancora trovare posto un linguaggio doppio che parli di semplice lotta a terroristi?

 La distruzione di Gaza persegue altre finalità? Si vuole veramente liberare gli ostaggi o seppellirli sotto le macerie per poi dare la colpa al nemico? E’ possibile che questa guerra così sanguinosa sia necessaria a qualcuno più di quanto serva ad Israele?

Perché non ci si interroga anche in questo caso sul prima? I fatti di ottobre hanno un prima lungo 70 anni. Anche in questo caso sollevare un “…Ma…” significa essere accusati di antisemitismo.

 Perché nessuno dice chiaramente che l’antisemitismo di oggi non ha più nulla a che vedere con quello passato, che quello attuale è figlio di una politica israeliana aggressiva e dispotica che ha fatto di Gaza e Cisgiordania dei grandi campi di segregazione? Ma, anche in questo caso, come per l’Ucraina, conviene partire da un comodo anno zero.

Questa lettura, però, non aiuta a parlare di pace, a cercare le soluzioni ai problemi. Quando Gutierrez, segretario generale dell’Onu ricordava che l’azione terroristica di Hamas aveva un passato alle spalle, fu accusato da tutti di parteggiare per gli aggressori. Ma aveva ragione. Non esistono buoni e cattivi, il mondo non può essere diviso in modo manicheo tra chi ha ragione e chi ha torto, perché ogni divisione ha una valenza temporale molto corta e ogni fatto va letto e studiato in una complessità di elementi di contorno. L’invasione dell’Ucraina è intervenuta dopo anni di guerra non dichiarata ma comunque nota a tutti, dopo tensioni interne di cui anche le potenze occidentali hanno responsabilità. L’attacco di Hamas, anche se del tutto diverso dai precedenti perché fatto questa volta in modo massiccio e organizzato, è solo uno dei tanti fatti di guerra che da anni insanguinano i territori adiacenti alla striscia.

Gaza, soccorso ai feriti dopo un bombardamento. Per gentile concessione di Activestills.org

Il mondo non sapeva delle migliaia di palestinesi anche minorenni tenuti in prigione dagli Israeliani? Non sapeva dei continui insediamenti nei territori occupati che spostavano sempre più indietro il popolo palestinese? Non sapeva che ormai la Striscia di Gaza e la Cisgiordania erano diventati degli enormi campi di detenzione collettiva? Non immaginava che la rabbia repressa dei palestinesi prima o poi sarebbe esplosa in qualche cosa di terribile?

E veniamo ancora una volta alla valenza doppia o falsa delle parole, ai due pesi ed alle due misure: la violenza dei russi è genocidio, crimini contro l’umanità, quella dei palestinesi è terrorismo sanguinario, quella degli israeliani è diritto di difesa con effetti collaterali voluti dagli stessi palestinesi.

Ma perché non diciamo una buona volta che la guerra è sempre sporca, sempre immorale, sempre contrassegnata da eccessi che sono crimini contro l’umanità? Non esiste una guerra pulita, si uccide il nemico con tutti i mezzi possibili e le violenze contro i civili servono ad abbattere il morale, a innescare paura e senso di sconfitta, a piegare e costringere a patti. Le bombe nucleari contro Hiroschima e Nagasaki non colpirono solo civili? Non furono crimini contro l’umanità?

Ma ottennero l’effetto desiderato: costringere il Giappone alla resa prima che la Russia potesse rivolgere la sua attenzione al Pacifico, secondo diversi storici.

In questi giorni si agitano due contrastanti situazioni etico-morali: da una parte la Shoa con il triste tributo di milioni di morti, dall’altra il calvario dei palestinesi perseguiti da Israele nel nome della difesa del proprio stato. Forse gli ebrei dello stato di Israele non si sono accorti che da perseguitati sono diventati persecutori? Ignorano che quanti stanno soffrendo a Gaza e hanno perso fratelli, sorelle o genitori, cresceranno con un solo desiderio: la vendetta e la distruzione di Israele? Ignorano che l’antisemitismo di oggi e di domani è un sentimento alimentato proprio da ciò che è diventato Israele? È troppo comodo, come vogliono alcuni, confonderlo con quello del passato, farlo passare per un sentimento antico cresciuto su basi razziali. Non è possibile che l’antisemitismo di oggi sia una pianta nuova, fecondata da una politica israeliana militarista e segregazionista, da un consenso acritico di tanti rappresentanti ufficiali delle comunità ebraiche sparse nel mondo, dalla complicità di tanti governi che tacciono e si allineano su un pensiero unico che non affronta i problemi?

Criticare una politica sbagliata e inefficace di accoglienza dello straniero non è razzismo ma buon senso, rifiutare il militarismo israeliano non è antisemitismo ma onestà intellettuale, criticare le scelte europee e americane sul conflitto russo-ucraino non significa essere filorussi ma è segno di un pensiero libero e attento che sa andare al di là della propaganda.

Gaza, segni dei bombardamenti israeliani. Per gentile concessione di Activestills.org

E se un ebreo – e ce ne sono tanti- non è allineato con le scelte di Israele, non è un traditore né un rinnegato. Le potenze della seconda guerra mondiale hanno creduto giusto ripagare gli ebrei della Shoa con la creazione di uno stato, ma hanno acceso nel M.O un fuoco difficile da spegnere.

Forse nemmeno la nascita di uno stato palestinese calmerà le acque, perché troppo sangue è stato versato. Ma per favore smettiamola di usare un linguaggio ipocrita e doppio. L’esistenza di Israele risponde a bisogni ed esigenze esterne molto superiori ai diritti di difesa del popolo.

Da poco il tribunale dell’Aia si è espresso sulla denuncia di genocidio a carico di Israele fatta dal Sud Africa. Ancora una volta un linguaggio ambiguo che non condanna e non assolve, che dice e non dice, che può essere usato come si vuole.

Che cosa serve per fermare una deriva sempre più pericolosa? I fatti del Mar Rosso non sono una triste conseguenza di quanto sta avvenendo a Gaza? Sicuramente non riusciremo a fermare il disastro in arrivo, ma c’è una cosa inoppugnabile che rimarrà nella storia degli anni futuri: il Sud Africa, uno stato assolutamente insignificante nella politica internazionale, ha avuto più coraggio di tanti altri, usando un linguaggio giusto per leggere i fatti nella loro cruda verità.