Blognotes 08
Blognotes 13
numero 13

Il tema del numero è "IL DOPPIO"

Articolo presente in

Insieme indipendenti

Vanessa Alzetta e Fabio Infanti. Foto di Stefano Raspa
Insieme indipendenti

Vanessa Alzetta, classe 4TT, Istituto “F. Flora”, Pordenone

IO e L’ALTRA

Spesso non mi riconosco, mi chiedo chi sono davvero.

In alcune situazioni sono io: semplice, umile e tenera. Quando vado in spiaggia in una giornata calda, riesco ad apprezzare la semplicità dei granelli di sabbia tra le dita, i raggi solari che accarezzano la mia pelle e l’aria torrida del mare. Il caldo mi rende tenue e non mi resta che deporre le armi e lasciar andare ogni emozione.

In altre c’è l’altra: cinica ed egocentrica. Lei è fredda. Guarda tutti con aria giudicante, è molto selettiva e rigida.

Mi succede di pensare al futuro e di avere paura di non realizzare la vita che desidero. Io non voglio un lavoro comune. Voglio avere tanti soldi, per viaggiare e per rendere orgogliosa mia madre.

Se pensa al domani, l’altra si sente molto ambiziosa e crede di poter arrivare dove vuole perché conosce le proprie capacità.

Quando sono con mia sorella sono autentica, mi lascio andare e parlo di tutte le mie insicurezze, mostro sempre ciò che provo.

Nelle situazioni in cui deve conoscere persone nuove, l’altra tende ad analizzarle profondamente e a essere molto giudicante nei loro confronti.

E’ molto sicura di sè, pensa di poter vivere senza dedicare canzoni d’amore e innamorarsi. Lei non ha bisogno di nessuno e sa di essere fin troppo unica per trovare qualcuno come lei.

Io ho paura di non trovare qualcuno simile a me.

Io e lei siamo la stessa cosa: un’anima con due personalità opposte. Durante l’infanzia mi sentivo sdoppiata, nonostante la parte più cinica fosse più debole, era lì. Poi, con gli anni sono cresciute a dismisura e hanno iniziato a farsi la guerra.

Il conflitto è come un veleno che mi scorre nelle vene e mentre io non trovo l’antidoto per placarlo, l’altra è stregata dall’inquietudine e vuole continuare ad alimentarlo.

Fabio Infanti – 5^CK- I.S.S. F. Flora – Pordenone

Mi sento in cielo, come l’albatro di Baudelaire, quando leggo.

Sono lassù quando mi ritrovo in quello che l’autore narra o esprime, ma soprattutto quando demolisce le mie certezze e convinzioni, fondate su labili presupposti personali.

Riesco a sentirmi libero come l’albatro, riesco a darmi fiducia e ad avere gli strumenti per difendermi dalle persone che non usano il cervello e che si lasciano andare a ciò che “si dice” e che “si pensa”, senza la capacità di criticare se stessi e la realtà, di formarsi una propria idea sul mondo e sui problemi che si incontrano ogni giorno.

Sono lassù quando scopro che le azioni, le sensazioni e i pensieri che leggo sono accaduti anche a me. Inizio a mettermi in discussione… come mi sono comportato nei confronti di un amico, di una persona a me cara, dei miei genitori.

Cerco di mettere in pratica ciò che ho ricavato, riconosco una cosa quando è giusta anche se nel profondo mi fa male ammetterlo. Così sono come l’albatro in cielo.

Divento più consapevole dei miei errori e cerco di non ripeterli. Penso senz’altro che una delle poche cose che l’essere umano possa scegliere di compiere nella propria vita, sia diventare migliore di ieri.

Ci sono molti autori con cui ripenso e rifletto per migliorarmi: con loro mi sento come l’albatro in cielo.

Marco Aurelio, con il suo libro “Pensieri”, mi ha spiegato, come anche un imperatore romano vivesse le stesse mie preoccupazioni ed incertezze.

Lo ammiro molto perché è riuscito a rimanere umile e semplice, ma soprattutto se stesso, nonostante il potere che aveva e che ad altri, sia nelle epoche passate che recenti, ha spinto a fare cose orribili.

Sono sulla tolda della nave, come l’albatro di Baudelaire, impacciato, quando mi trovo al centro dell’attenzione. Quando parlo in pubblico mi sento costantemente giudicato dalle altre persone e questo mi ferisce.

Non riesco a trarne un punto di forza per riuscire a capire qualcosa di più su me stesso. Questo non vuol dire che non sia aperto al confronto, anzi, ma ancora parlare in pubblico vuol dire, come l’albatro, essere deriso dai marinai sulla nave.

Sono laggiù quando non ho il controllo sugli eventi della vita, sulle mie azioni e i miei pensieri. Devo sempre sapere cosa succede. La casualità e l’ignoto, mi fanno paura. Non li trovo affascinanti e cerco sempre di ricondurre il mio agire ad una consapevolezza. Potrebbe essere eccessivo.

Però quando riesco a “sconfiggere l’ignoto” mi sento come l’albatro in cielo.