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Blognotes 08
Blognotes 14
numero 14

Il tema del numero è "CONTAMINAZIONI"

Articolo presente in

Ricerca e attesa della maternità

di Ivana Truccolo

Ci incontriamo nella piazza di un paese della pedemontana pordenonese dove Valentina vive e lavora come infermiera. Non è nata in questa terra, la sua ‘c’ aspirata ne rivela immediatamente l’origine, vi si è trasferita per amore. Accoglie volentieri la proposta di raccontare la sua storia di attesa di maternità per “il desiderio di aiutare altre donne”. Una maternità che non è arrivata spontaneamente, ma con l’aiuto della PMA ovvero Procreazione Medicalmente Assistita, comunemente detta “fecondazione artificiale”. Si tratta di una serie di tecniche e di un mondo di cui si sa poco, fatto di aspetti tecnici ma soprattutto umani, che riguarda tante persone nel mondo. Basti pensare che, secondo gli ultimi dati sulla PMA pubblicati nel novembre 2021 dall’Istituto Superiore di Sanità, i bambini nati vivi in Italia nel 2019 con le varie tecniche di PMA sono stati 14.162, pari al 3,4% dei bambini nati nello stesso anno e questi dati sono in aumento rispetto all’anno precedente. Un fenomeno importante di cui però non si parla molto. Per reticenza, pregiudizi, ignoranza. E naturalmente a parlarne sono di più le donne, anche se il desiderio di maternità è, per fortuna, molto spesso di entrambi.

Dunque, cos’è la Procreazione Medicalmente Assistita, come la spiegheresti a chi non ne sa niente?”

“Sai, io ti posso raccontare la mia storia che mi ha permesso di conoscere tante persone e di farmi una cultura sull’argomento. Mi sono imbattuta nella procreazione assistita con l’avanzare dell’età, dopo che avevo finito di studiare, fatto la casa, iniziato il lavoro. Il fatto è che non è obbligatorio fare figli per sentirsi realizzati. Se però ti arriva quel desiderio forte di nido, di avere un po’ di confusione in casa dopo che hai costruito lo “scheletro” e cominci a desiderare di avere un figlio e nulla succede dopo mesi di tentativi, l’attesa può diventare un pensiero fisso. Ad ogni ciclo mestruale ti sale la delusione che poi diventa frustrazione e si innesca un circolo vizioso. Allora cominci a fare indagini per verificare se ci sono problemi fisici da entrambe le parti. Premetto che io stavo già da più di dieci anni con il mio compagno ed entrambi desideravamo un figlio, anche se il mio desiderio forse era più forte. Io sono abituata ad affrontare i problemi parlandone con altri nella convinzione che a volte la soluzione ti può venire da fuori. In questo, la mia professione e il mio carattere mi sono stati di aiuto. Parlando con le mie colleghe ho saputo che all’ospedale di San Daniele del Friuli esisteva un Centro per la procreazione assistita di primo livello. I Centri di PMA si dividono in livelli. Il primo livello è di monitoraggio. Se sono esclusi problemi meccanici – chiusura tube, oligospermia, mancanza di ovulazione – com’era il caso nostro, si segue un periodo di monitoraggio in cui si fanno delle ecografie per vedere quando avviene l’ovulazione e quando è indicato avere dei rapporti sessuali.

Pregnant Tree. Ceviga. Biennale 2022. foto di Marina Stroili

Al primo livello non si interviene, solo si osserva. Nel mio caso non succede niente…qualche ritardo al quale però segue il ciclo e quindi delusione. A questo punto si comincia a indagare un po’ più a fondo – dosaggi ormonali, spermiogramma etc – e a prendere dei farmaci che stimolano l’ovaio a produrre più follicoli che sono pieni di ovociti, e a far esplodere il follicolo. Al momento giusto si va in ospedale con il marito/compagno, lui produce gli spermatozoi che vengono analizzati e, con una siringa e una specie di speculum, inseriti in utero (inseminazione intrauterina).

Faccio 2-3 tentativi di questo tipo e non succede niente. Quindi mi invitano a passare a un secondo livello. Qui subentra anche un problema economico, perché le prestazioni di secondo livello non sono più gratuite, bisogna contribuire e le liste di attesa sono lunghissime. Comunque, sempre condividendo il problema con mie colleghe, trovo un centro convenzionato a Firenze che fa fecondazione assistita di secondo livello. Qui le tecniche sono di due tipi – FIVET e ICSI – e la cosa si differenzia perché l’ovocita e lo spermatozoo ti vengono prelevati e messi in un terreno di coltura per facilitare l’ovulazione e poi trasferiti in utero al momento giusto. Ma in Italia c’è un problema: i laboratori chiudono il sabato e la domenica e i tempi dell’ovocita per trasformarsi in blastocista non seguono il calendario. Il blastocista è l’embrione allo stadio di sviluppo di 5-6 giorni che è la fase in cui va trasferito all’interno dell’utero per l’attecchimento. Se lo lasci lì perché il laboratorio è chiuso, degenera…Vado anche a Udine sempre per questo motivo, ma non succede niente, va a finire che non ne puoi più…Passano quasi due anni che sono due anni di prova per la coppia, anni in cui fai l’amore non quando ne hai voglia ma quando è il momento giusto. Anche per l’uomo non è facile. Diciamo che resistono solo i migliori, come gli spermatozoi!

A questo punto ti metti a studiare per capire perché ti prescrivono certi farmaci e non altri, come agiscono, quali sono le criticità, cominci a iscriverti a forum, gruppi, chat… Ti dico che non avrei avuto paura di andare a parlare a un convegno di ginecologi, avrei saputo tener loro testa benissimo!”

Sono tante le persone che hanno questo
problema?”

“C’è un mondo di persone, soprattutto donne di più di quarant’anni che magari rimandano la gravidanza per motivi di lavoro o per altri motivi. Io ero più giovane, meno di 35, ma tutte avevamo lo stesso sentire. Questo fatto della condivisione mi ha aiutato molto ad andare avanti”.

Maternità. Foto di Marjon Beteman da Pixabay

E non hai pensato all’adozione?”

“Sì, ci ho pensato e forse ci saremmo indirizzati verso questa strada anche se il mio compagno era un po’ titubante rispetto a questa scelta. In ogni caso, io non ho voluto lasciare nulla di intentato. Ho fatto anche un ciclo di agopuntura perché è dimostrato in letteratura che agopuntura e fecondazione artificiale combinate possono contribuire a raggiungere l’obiettivo. Ma niente! Sempre parlando con colleghe, scopro che c’è una clinica a Klagenfurt dove lavorano sette giorni su sette e quindi non c’è il rischio di lasciar degenerare un buon ovocita.

Tutto bene, solo che si presenta un problema economico, sia per le prestazioni che per i farmaci, che sono costosissimi ed, essendo all’estero, completamente a tuo carico. Io faccio l’infermiera, non sono un mega dirigente. E qui subentra la solidarietà femminile perché i farmaci ormonali che servono per far scoppiare il follicolo e rilasciare l’uovo e non farlo degenerare riesco a recuperarli grazie a un gruppo facebook di donne che condividono lo stesso problema e alle quali i medicinali non servivano più.

Ho stretto amicizie bellissime con persone con cui sono in contatto tuttora, veramente una bella cosa…Quando sei pronta a entrare nel protocollo, loro ti chiamano. Cominci il ciclo di farmaci che devi farti rigorosamente alla stessa ora per un tot di giorni e la tua vita è scandita da questi ritmi. Sembravo un tossico, ma non me ne fregava niente. Io sono incappata anche in un incidente di percorso al primo tentativo, dovuto a un errore di un’infermiera a Klagenfurt, ma la volta successiva invece è stata quella buona.

Quando mi hanno detto che c’erano sette ovociti fecondati in terreno di coltura di cui due degenerati ma gli altri buoni, ho detto loro di trasferirmi in utero i due migliori nella speranza che almeno uno avrebbe attecchito. E invece si sono impiantati entrambi e nove mesi dopo sono nati i miei due gemellini, piccoli ma neanche tanto, e bellissimi! Ci siamo sposati il giorno del battesimo.”

È stato impegnativo economicamente?”

“Beh, mi hanno aiutato anche i miei genitori, un po’ di soldi dell’eredità della nonna. Poi c’è stata la solidarietà femminile, come ti dicevo, e anche la solidarietà psicologica sul lavoro che è stata molto importante in tutte le fasi”.

E cosa pensi della pratica della gestazione per altri?”

“Penso che non sia facile ma se regolamentata, non ho niente da dire. Così nel caso di figli di omosessuali, non giudico affatto. Sono interessata a seguire la ricerca per capire quale impatto possa avere per un bambino il fatto di avere due genitori dello stesso sesso. In ogni caso, penso che la cosa più importante sia che i figli siano desiderati e amati. E possano vivere in situazione di pace, aggiungerei!”

Maternità. Baby feet. foto di One Life da Pixabay

Quale messaggio vorresti lanciare con la tua storia, Valentina?”

“Ti ho raccontato la mia storia di ricerca di maternità non per il fatto in sé, perché in fondo è simile a tante storie di questo tipo. Piuttosto perché, grazie alla mia vicenda, ho imparato che è importante non chiudersi in se stessi, per vergogna, frustrazione, inadeguatezza, ma confrontarsi, capire e cercare le soluzioni insieme.

Il mondo non è fatto solo di persone vincenti o capaci di gioire solo per la loro felicità, ma anche di persone empatiche nei confronti dei tuoi fallimenti e che partecipano ai tuoi successi. Io ne ho incontrate tante, nella mia vicenda e anche nel mio lavoro.

Parlare di quello che stiamo vivendo ci aiuta a entrare in contatto con questa parte di umanità, così bella, così ricca! Questo il messaggio che vorrei lasciare, al di là della cronaca degli eventi. Il dialogo, il confronto sono la chiave. In fondo anche per uscire dalla guerra, è questa la strada”