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Ecovillaggi

Enrico Cargnello
Ecovillaggi

Testo e foto di Enrico Cargnello

Quando arrivai a Gaiaterra non avevo la minima idea di cosa fosse un ecovillaggio. Nella mia vita sono stato accolto, ospitato e ho alloggiato in vari cohousing, comunità, centri sociali, ma non sono mai entrato in contatto con la realtà di un ecovillaggio. Un ecovillaggio non è nulla di tutto ciò.

Ci arrivai quasi casualmente, seguendo un gruppo di attività di acroyoga, uno sport acrobatico che

affonda le sue radici nello yoga. Sembrava che mezza Europa fosse a conoscenza di questo evento.

Al mio arrivo, la “Sala Cielo”, sita al primo piano un immenso capannone, era già gremita di persone. Qui i partecipanti, dopo un’estenuante sessione quotidiana di pratiche acrobatiche, si stavano rilassando con dei massaggi Shiatzu. A due a due, scambiandosi i ruoli secondo un principio di reciprocità, si battevano mani sulla schiena; il picchiettare degli almeno cinquanta

partecipanti aleggiava nell’aria.

Dove diamine ero finito? Non ero preparato a tutto ciò, come non ero preparato a lottare con una ragazza: Lisa, a cui detti un passaggio dalla stazione all’ecovillaggio, mi scelse per un combattimento. Ci sfidammo per tre interminabili minuti dentro un cerchio costituito da persone, il nostro ring, con l’obiettivo di metterci spalle a terra. Non avevo mai interagito con una ragazza in quella maniera; fu un incontro estenuante ma enormemente soddisfacente.

Questa fu solo la mia prima sera nell’ecovillaggio Gaiaterra. L’impatto emotivo fu enorme, come la orpresa di trovarmi dinanzi un capannone di quelle proporzioni. Una miriade di domande mi balenarono per la testa quella sera: chi sono queste persone? Come fanno a gestire un posto del genere? Quanti sono i residenti? Che attività propongono? Qual’è la filosofia di vita che sta alla radice degli ecovillaggi? Ma soprattutto: perchè tutto ciò? Cos’è un ecovillaggio? In una società radicalmente mutata rispetto a quella antecedente al capitalismo e in cui il processo di individualismo è giunto a conseguenze estreme, i concetti di solidarietà, reciprocità e di redistribuzione sembrano mai un antico ricordo. Auspicando il ritorno agli antichi legami comunitari antecedenti alla società capitalistica, le comunità intenzionali hanno da sempre avuto la funzione di fornire una soluzione pratica al fenomeno dell’impoverimento prodotto dalla modernità, perseguendo uno stile di vita sostenibile in risposta all’insicurezza prodotta dalla precarietà del mondo del lavoro e alla crisi ecologica.

Gli ecovillaggi nascono a partire dagli anni ottanta e nel mondo si sono diffusi con una rapidità sorprendente. Solo nel nostro Paese oggi si contano più di 40 realtà, secondo la mappa messa a punto dalla Rete Italiana Villaggi Ecologici (Rive), a sua volta connessa con il Global Ecovillage Network (Gen), una rete mondiale, che conta migliaia ecovillaggi in 26 Paesi.

È proprio a partire dalle comunità e dall’ecologismo dei primi anni ottanta che questa esperienza si orientò verso una vera e propria sacralizzazione della natura traducendosi, negli anni novanta, nella creazione degli ecovillaggi.

Oggi la Rive riconosce come ecovillaggi le realtà costituite da almeno cinque persone (ma possono anche arrivare ad alcune migliaia, come nel caso di Auroville, in India, che conta circa 4000 residenti) e le organizzazioni interne, gli obiettivi e le linee guida possono essere le più disparate, ma sicuramente si ispirano a criteri di sostenibilità ecologica, spirituale, socioculturale ed economica, raccogliendo in sé i concetti di identità, solidarietà, fiducia, tipici di un modello di relazioni sociali antecedente al capitalismo.

Secondo la definizione fornita dal Gen, gli ecovillaggi sono «dei modelli insediativi che cercano di proteggere i sistemi viventi del pianeta, di incoraggiare la crescita personale e di sperimentare stili di vita che facilitino l’armonia tra gli esseri umani e la natura».

Gli ecovillaggi vanno proprio in questa direzione: grazie al progressivo sviluppo della coscienza ambientalista, perseguono una vita sostenibile secondo molteplici dimensioni (ecologica, economica, spirituale), intendendo per sostenibilità proprio lo sviluppo che risponde alle necessità del presente senza compromettere la capacità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni.

Proprio rispetto all’attenzione rivolta alle problematiche ambientali, negli ecovillaggi si attua una rivoluzione paradigmatica, un passaggio da quello meccanicistico, che interpreta l’uomo in rapporto di dominio sulla natura, al paradigma ecologico, capace di ripristinare un valore paritario uomonatura. Allo stesso tempo emergono soluzioni per ampliare la qualità complessiva della vita, curando le relazioni sociali e la partecipazione democratica dei singoli soggetti ai processi decisionali, proponendo nuove forme di comunanza di beni, servizi e di utilizzo del denaro. Nonostante la piena autonomia decisionale e le singolari forme di autogoverno che si sperimentano

nei vari ecovillaggi, il sistema sociocratico a cerchi è il modello più diffuso: le decisioni vengono prese in collettività ma rispettando un obiettivo comune, che può essere molto diverso per ogni realtà, ma sempre riguardante la dimensione ecologica, spirituale e sociale.

Una volta interpretata la propria idea corrispondente al concetto di sostenibilità, infine, gli ecovillaggi si collegano ad altre esperienze comunitarie grazie ai vari network (principalmente il Rive e il Gen), costituendo una rete di sostegno reciproco a livello nazionale e mondiale, prefigurando così un modello di globalizzazione dal basso improntato sulla solidarietà e sostenibilità.

Gaiaterra

L’ecovillaggio Gaiaterra è ubicato nel paese di Flambruzzo, in provincia di Udine, e sorge sulle ceneri di una storica fornace che produceva mattoni. Fallita nel 2018, è stata acquistata da Debora, che da tempo stava cercando il luogo ideale dove poter concretizzare il suo sogno: fondare un ecovillaggio. Da quel giorno il sito ha cambiato faccia: da fabbrica di mattoni a fabbrica di relazioni.

La proprietà si affaccia al vicino fiume Stella, in cui è possibile rinfrescarsi dopo le intense attività

necessarie a mantenere l’ecovillaggio “vivo”. La struttura principale, dalle proporzioni enormi, è circondata da svariati ettari di terreno attualmente destinati alla produzione di soia, sorgo e girasoli; esiste anche un orto sviluppato secondo i principi di permacultura. Nessuna sostanza chimica o derivata è utilizzata per la produzione agricola, tantomeno per l’igiene personale: la cosmetica (bagnoschiuma, shampoo, dentifricio) è prodotta in loco e i detersivi sono stati sostituiti con tecniche tanto essenziali quanto efficaci (ad esempio, i piatti vengono prima passati nei fondi di affè, uno sgrassante naturale, e poi sciacquati con l’acqua). Ogni residente, ospite o visitatore è tenuto a non impattare sul pianeta: l’alimentazione proposta durante i pasti condivisi è prettamente vegana (soprattutto per il minor fattore impattante) e basata prevalentemente sulle autoproduzioni (prodotti derivati dalla soia, sorgo, girasoli, dall’orto e siconsumano un gran numero di fermentati, della cui produzione si occupa principalmente Debora); tutti i partecipanti sono invitati a evitare gli sprechi. In termini di sostenibilità, ogni ecovillaggio è invitato a definire e riconoscere i propri orientamenti prioritari. È proprio in risposta all’emergenza climatica e ai rischi ambientali prodotti dagli effetti perversi del turbo capitalismo che Gaiaterra interpreta la propria idea di sostenibilità in un ambizioso progetto di simbiosi ecologica con l’ambiente circostante: creare un’alternativa attraverso eco-sostenibilità, auto-produzione alimentare, ottimizzazione dei consumi e degli sprechi. Il progetto di eco-sostenibilità si sviluppa anche a livello di risparmio ed efficienza energetica: isolamenti in bioedilizia (con paglia e sabbia) rivestono il perimetro di tutto l’edificio (lavoro tutt’ora in corso d’opera); ampie vetrate e un riscaldamento a pavimento (alimentato da pannelli solari) garantiscono un contenimento delle spese durante i mesi più freddi.

Slegarsi dalla dipendenza energetica degli idrocarburi è sicuramente uno degli obiettivi più ambiziosi per i prossimi anni (nei limiti del possibile: ad esempio, evitare l’uso dei trattori è già una problematica su cui si ragiona) che corre parallelo al progetto di auto-sostentamento alimentare: una sempre più ampia differenziazione di autoproduzioni (uno dei progetti in via di sviluppo è la creazione di una immensa fungaia, destinata alla coltivazione degli Shitake), unita agli scambi territoriali con le aziende locali (è già in atto un interscambio manodopera-prodotti alimentari) condurrà questo ecovillaggio ad una piena autonomia.

Se gli obiettivi di efficienza energetica, sostenibilità ecologica e alimentare sono sicuramente i traguardi principali che si pone Gaiaterra, la dimensione comunitaria non è di certo marginale: economia condivisa, dormitorio e i pasti consumati in collettività (dopo aver svolto un rituale di ringraziamento alla natura) incentivano la riacquisizione dei legami solidali ormai quasi dimenticati dalla società in cui viviamo. Le numerose attività proposte durante i fine settimana rappresentano n altro punto di unione di intenti fra chi è già coinvolto nel progetto di sviluppo di Gaiaterra e chi desidera trascorrere del tempo nella natura conoscendo molti nuovi amici. Grazie all’immenso lavoro già svolto e tutte le sperimentazioni e idee innovative in cantiere, sicuramente nei prossimi anni Gaiaterra diventerà sempre di più un modello esemplare su cui potersi basare per reinterpretare la maniera in cui collocarsi al mondo. Perché non vivere in un ecovillaggio Gli ecovillaggi sono «un nuovo e potente tipo di comunità intenzionale che unisce due profonde verità: il fatto che si vive meglio in piccole comunità sane che sostengono chi ci abita e che l’unica strada sostenibile per l’umanità è il recupero del vivere insieme. Gli ecovillaggi, pertanto, rappresentano il più promettente e importante movimento di tutta la storia», si legge nel sito del Gen. Riccardo, invece, uno dei residenti fin dagli albori del progetto Gaiaterra, dichiara: “un umano vive il mondo occidentale come un tossico del proprio stile di vita; non abbiamo la creatività di immaginarci qualcosa di diverso da questo stile di vita, che è cambiato tantissimo da quando si è introdotto il petrolio”.

Dopo diversi giorni immerso nella gioia della convivialità, vivendo questa terra, il territorio, le relazioni, condividendo spazi e tempi, e senza sentirsi un peso per il mondo, la sensazione che mi è rimasta è che: un altro modo di vivere c’è!

Senza dubbio le sorti del nostro pianeta dipendono in qualche misura dal successo degli ecovillaggi;

impariamo dunque come danzare, tutti insieme, leggeri come l’aria, e senza lasciare tracce.