Blognotes 08
Blognotes 15

INCERTEZZA è il tema del numero più recente di Blognotes 15

Articolo presente in

Alla scoperta di Giuseppe Rosaccio

di Enzo Marigliano, medievalista

Pordenone è una ben strana città: aperta e disponibile, come le porte del suo stemma concesso nei primi decenni del XIV secolo¹, ma, nel contempo, arcigna ed avara con i propri figli più illustri o i personaggi che ne hanno fatto la storia, ai quali, se va bene, viene intitolata una via o, a secoli di distanza dallo svolgersi della sua vita, qualche illuminato ricercatore ne riscopre le opere o le azioni organizzandovi un momento di riflessione che, il più delle volte, rischia di rimanere fine a se stesso o patrimonio d’un pugno di studiosi².

É quanto accaduto anche a Giuseppe Rosaccio, cui è stata intitolata la seconda laterale destra di Viale Libertà, e sul quale la Biblioteca Civica ha svolto, dal 13 al 25 settembre 2021, in occasione dell’edizione di “Pordenonelegge” una pregevole Mostra intitolata: “ Schede di lettura per il libro antico. Giuseppe Rosaccio. Medico, cartografo, cosmografo (Pordenone, 1530 – 1621)».

Per la prima volta si è così messo a disposizione il materiale in possesso della Biblioteca Civica, di cui, peraltro, s’attende ancora una disamina ed uno studio critico. La lodevole iniziativa è stata brillantemente curata ed allestita dal personale sotto la guida dal sempre attento e preparato Dott. Pier Francesco Busetto, responsabile della Sezione dei libri antichi; l’evento ha consentito, appunto per la prima volta, di rendere nota all’intera città non solo la quantità ma soprattutto la qualità del materiale giacente ed aprire uno squarcio sulla vita e le opere del personaggio.

È singolare, a tal proposito che in un articolo degli anni ’60 sul “Noncello”, Andrea Benedetti segnalava il fatto che anche allora in occasione d’una Mostra allestita alla Galleria “Sagittaria” (dicembre 1967: “Mostra di mappe e carte del Friuli ecc…”), in occasione della XXI Fiera Campionaria Nazionale: «…andava rilevata come pecca clamorosa la mancanza di riproduzione di qualcuna almeno delle carte del maggior geografo pordenonese, Giuseppe Rosaccio.³»

Si sono dovuti attendere 55 anni prima che l’auspicio del Benedetti trovasse realizzazione!

Vita ed opere

Rosaccio (in vari atti compare come Rosazio, Rosazzio Gioseppe o Gioseffo), nacque a Pordenone in un anno imprecisato tra il 1530 ed il 1550 circa.

Sulla scorta dei suoi primi biografi⁴ oggi si tende a dar credito all’ipotesi del 1530 considerando probanti alcuni scritti dello stesso⁵.

Controcorrente nuovamente Andrea Benedetti il quale, riferendosi ad un ritratto del 1610 (fig.1), fece notare che nel cartiglio compariva la scritta: “…di anni 58”. A me non pare dato sufficiente poiché il rame potrebbe essere stato inciso anteriormente alla pubblicazione, talché Rosaccio potrebbe realmente avuto quell’età ma in data non corrispondente all’effettiva stampa del libro.

Si deve escludere, invece, che fosse figlio di Lionardo, come vorrebbe Gian Giuseppe Liruti, poiché, da un suo stesso appunto, s’afferma che il padre fu Biagio⁶, medico presso l’imperatore Massimiliano d’Austria, poi nel 1525 a Cividale ed infine a Pordenone ove nacque anche la madre⁷.

Ma torniamo a Giuseppe: ricevette la prima educazione in città poi, avendo dimostrato “…vivissimo ingegno…” ed appartenendo a famiglia benestante, passò all’Università di Padova ove erano approdati anche alcuni fratelli, laureandosi in filosofia e medicina. Sposò una giovane di San Daniele del Friuli dalla quale ebbe due figli: Leonardo, morto il 30 aprile 1603, e Luigi che seguì le orme paterne affinando soprattutto le abilità tecnico – artistiche occupandosi delle incisioni su rame destinate alla riproduzione delle carte geografiche utilizzando tali capacità anche in opere squisitamente artistiche: sue le 32 tavole illustrative dell’opera commemorativa delle gesta di re Enrico IV di Francia, fatta stampare nel 1610 a Firenze da Cosimo II dè Medici.

Giuseppe svolse in un primo tempo solo l’attività medica tanto che fra i suoi scritti si rintraccia anche un testo intitolato «Il medico» (1621).

Pare che a Tricesimo insegnasse anche lettere e che, avvalendosi delle nozioni giuridiche apprese a Padova, ricoprì la carica di Vicecapitano della gastaldia col ruolo di “giudice delle liti civili” ⁹. Fu cosmologo, cosmografo e ‘istorico’, cartografo e topografo, astronomo e astrologo, viaggiatore e cronachista; appassionato e buon intenditore d’arte, a Bologna collaborò con Annibale Carracci.

Quest’approccio culturale, di stampo quasi enciclopedico, ne fece un prolifico scrittore che non disdegnò di farsi venditore dei propri libri.

Frutto particolarmente significativo delle sue esperienze di viaggiatore fu il «Viaggio da Venezia a Costantinopoli» pubblicato a Venezia da Giacomo Franco (1598), ricco di incisioni di Marco Sadeler e di cui mi occuperò più oltre. Divenne subito un ‘classico’ della letteratura di viaggio del XVI secolo, una sorta di “guida” ante litteram, ristampato in edizione di pregio dalla Società geografica italiana, (Roma 2008) e che rappresentò una fonte per le «Relazioni universali» di Giovanni Botero, il quale ricalcò «alla lettera» una parte della descrizione di Corfù¹⁰. ‘Filosofo’ itinerante, frequentò le piazze e le corti dell’Italia centro-settentrionale, accolto da nobili e da signori muovendosi fra le due “capitali” della cultura europea del Cinquecento: Venezia e Firenze, in ciascuna delle quali tenne aperta una casa. Poi, fin dai primi anni Novanta, si stabilì definitivamente a Firenze, dove il 13 luglio 1594 «si scrisse, matricolò et si obligò» all’«Arte dei medici e speziali», ma anche come venditore di libri, ponendosi al servizio, e quindi sotto la protezione, del granduca decantando le sue opere dal ‘banco’ aperto sulla prestigiosa piazza del Palazzo e dedicando alcune delle sue opere più significative a Ferdinando, a Cosimo II e alla granduchessa Cristina.

Sempre nella città dei Medici, il 28 novembre 1606 ottenne il privilegio di stampa per tutte le proprie opere.

Fra il 1603 e 1604, alcuni esponenti della famiglia, fra i quali Domenico, astrologo (che morì a Bologna nel 1656), e il citato figlio Luigi, incisore, si trasferirono a Bologna dove Giuseppe si fece vedere di tanto in tanto pubblicandovi il «Compendio della nobilissima città di Bologna» (1603) e, tra il 1607 e il 1608, viene citato nelle “Croniche” cittadine in qualità di ‘dottore’ ed “astrologo” itinerante nelle piazze. Come cartografo , intanto, si trovò a competere con Giovanni Antonio Magini ed i suoi allievi, Giovanni Capponi e Giovanni Antonio Roffeni, esponenti di altissimo rilievo nell’ambito della cosmografia, cartografia ed astrologia. Con la protezione del cardinal Benedetto Giustiniani, legato pontifico dal 1606 al 1611, Rosaccio si difese dagli attacchi provenienti dall’Accademia, in particolare da Roffeni, dal quale era stato additato come ciarlatano, vincendo ogni causa. Nel frattempo, a Bologna, godette di largo prestigio tanto che vi furono ripetutamente stampate le opere, tra le quali quelle sulla medicina preventiva e curativa, in cui condivise la teoria (propria ad almeno una parte della medicina bolognese) del duplice regimen sanitatis basato sulle differenze sociali e nelle quali, pur senza farne menzione esplicita, recuperava la lezione della Scuola medica salernitana. Eccelso oratore, maestro di retorica, abile maneggiatore dei mass media del suo secolo, Rosaccio costruì la sua immagine pubblica ancorata alla lontana latinità, come discendente della stirpe ‘ro accia’ tanto che in un’incisione di mano del figlio, Luigi, fu ritratto secondo la topica del professore d’accademia in cattedra, in due versioni: una più spiritata e ordinaria, l’altra più lisciata ed elegante Con ingegnosità e prudenza svolse la sua poliedrica professione coniugando il sapere enciclopedico alla scrittura e all’uso del bulino. Dispiegò il suo sapere decisamente inclusivo, di matrice aristotelica, dalla teoria alla pratica, nell’ambito della più dignitosa divulgazione della cultura ufficiale in «popular cosmographies». Illustrò macrocosmo e microcosmi nelle rappresentazioni del «Teatro del cielo e della terra» ; della ‘macchina’ dell’Universo, del ‘mondo elementare’ («Il mondo e le sue parti», Firenze, Francesco Tosi, 1595) e della ‘fabbrica dell’uomo’ («Descrittione, & perfetta misura, e proportione dell’huomo», Ferrara, Vittorio Baldini, 1594); «Della nobiltà et grandezza dell’uomo», (Venezia, s.n.t., 1595); del tempo cosmico e del tempo storico («Le sei età del mondo», Brescia, presso Vincenzo Sabbio, 1593).

Segnalo che parte di queste opere sono reperibili presso la Biblioteca di Pordenone e furono esposte nella citata Mostra del 2021. Indubbiamente era proiettato nell’ambito d’un idea d’una cosmografia ‘divina e cristiana’ del ‘mondo creato’; non a caso seguì «…il solco di altri studiosi» come Botero, senza mai scindere l’uomo dalla natura. Coniugò la fitta produzione filosofica con l’attività itinerante del cosmografo astronomo e astrologo, leggendo come maestro in privato e in pubblico la ‘sfera’ celeste e terrestre, che rappresentò graficamente con l’immagine semplificata, ma chiara ed eloquente, della “cipolla”; interpretò la cosmografia come geografia di tutto il mondo a lui noto – secondo un disegno lungimirante e ambizioso che si realizzò nell’edizione della «Geografia» di Tolomeo (Venezia, stampato appresso gli heredi di Melchior Sessa, 1598) – esprimendole anche attraverso la produzione di planisferi, carte d’Italia e delle regioni italiane, della Toscana, dell’Europa e del mondo ‘universale’. Carte di Rosaccio furono inserite in successive edizioni della «Geografia» di Tolomeo ed in quella del 1605 delle «Relazioni universali» di Botero. Si potrebbe dire, con sguardo odierno, che fu un intellettuale ‘integrato’, ch’ebbe la furbizia di modulare il suo messaggio culturale e letterario poggiandosi sull’autocelebrazione: non esitava ad esibire patenti di fede dei suoi pazienti, di licenze e dei privilegi ricevuti da coloro che ricordò come suoi ‘padroni’ e ‘protettori’, amplificando il tutto con l’esaltazione di principi, signori, religiosi, città («Roma trionfante», Viterbo 1612; ed il già citato «Compendio della nobilissima città di Bologna»); la magnificazione dei potentati del tempo («Discorso […] Nel quale si tratta breuemente l’origine della Setta maomettana», Firenze, per Cosimo Giunti, 1599), ai quali rivolse pronostici cristiani sulla politica europea incentrati sull’alleanza contro i turchi («Discorso Astronomico e Christiano perpetuo», in Fiorenza et Viterbo 1612, p. n.n.). Compose discorsi sulle comete, pronostici e lunari annuali e perpetui, di cui restano rari esemplari, senza deragliare dal binario della liceità della pratica astrologica dettata dalle leggi ecclesiastiche. Rifuggì, infatti, dall’astrologia, colpita dall’occhio attento della giustizia, inscrivendo i propri preannunci nell’ambito dell’astrologia naturale e cristiana, fino a giungere al pronostico ‘spirituale’ dell’astrologia della Sacra Scrittura grazie ad un ardito «Discorso Astronomico». Fu oltremodo attento a non incorrere nei lacci della censura, in tempi in cui circolarono le idee copernicane sull’Universo. Quando Galileo Galilei mise a soqquadro il cielo con le osservazioni affidate al  «Sidereus nuncius» (1609), Rosaccio richiamò l’attenzione dei lettori sulla ‘Terra’ («Discorso […] della Nobiltà et Eccellenza della terra», Firenze 1610, oggi Casali, 2013). Come medico e guaritore, professò la dottrina ippocratica e galenica, basata sulla teoria degli umori, su astrologia, regiminen sanitatis, igiene, alimentazione, governo del corpo. Si fece guidare dal motto experienza docet prestando cure e facendo in tal modo conoscere le sue teorie mediche, i propri rimedi, i famosi…‘segreti’ come il Purga Capo (In Fiorenza, Ferrara, et in Bologna, 1621), venduti sulle piazze e descritti nelle sue operette fin dagli anni Ottanta del Cinquecento. La medicina rappresentò per lui un fruttuoso ambito di studi fino a tarda età, quando pubblicò il trattato «Il medico» (Venezia 1621). L’intensa e multiforme attività di Rosaccio è documentata soprattutto dalla sua fitta produzione di ‘letteratura di consumo’ (dal carattere altamente divulgativo, destinata al pubblico delle piazze e ai signori dei palazzi) che, distribuita in un ampio arco cronologico compreso tra gli anni Settanta del Cinquecento e il 1621 fu pubblicata da tipografi sparsi nelle città più importanti per il mercato editoriale dell’Italia padana e centrale tra Cinque e Seicento, e ristampata anche dopo la morte dell’autore fino a tutto il XVIII secolo a Treviso, Pavia, Milano, Cremona, Brescia, Ferrara, Verona, Venezia, Bologna, Firenze, Genova, Viterbo, Roma, giungendo fino a Napoli. Le «Inscrittioni et mansioni di lettere dove ognuno potrà con vera ragione dar titolo […] secondo la conditione di ciascun grado», una delle prime pubblicazioni uscita a Pavia nel 1574 e 1578, ebbe un’ampia diffusione e fu indicata da Tomaso Garzoni nella «Piazza universale» (1585) come il «libretto di Gioseffo Rosazio», utile a «…scrittori o scrivani, e cartari e temperatori di penne e cifranti e professori di ieroglifici e ortografi» per «…cercar con diligenza i titoli da darsi […] in volgare». L’esordio tipografico di Rosaccio preannunciò la fortuna che accompagnò tutta la produzione successiva, una costellazione di stampe che in molti casi videro la luce contemporaneamente in più città, con dedicatorie a personaggi illustri diversi, di cui lo stesso Rosaccio compilò un indice (inserito in «Discorso […] della Nobiltà et Eccellenza della terra», e ne  «Il medico».

Rosaccio morì nel 1620 circa, forse a Firenze.

In seguito il suo nome entrò nella leggenda oltre che per le testimonianze letterarie del suo secolo (Lorenzo Lippi, Giovanni Battista Fagiuoli), anche per l’attività svolta dai suoi discendenti. Nel 1627 il figlio Giovanni Battista seguì le orme del padre iscrivendosi alle «Arti dei medici e speziali» di Firenze. Il Rosaccio indovinatore del tempo e gazzettiere delle stelle continuò ad apparire nelle intestazioni di lunari in foglio e in opuscolo ancora per tutto il XVIII secolo in varie città, come Modena, Reggio Emilia, Bologna, Firenze. Il Rosaccio viaggiatore, cosmografo e cartografo sopravvisse fino a essere compreso nella storia della cartografia europea del Rinascimento. La sua descrizione di tutte le parti del mondo (pubblicata in appendice all’edizione della Geografia di Tolomeo), inoltre, rappresentò una fonte per gli storici ed i geografi novecenteschi.

N.B. “Viaggio da Venezia a Costantinopoli”, 2017, disegni di Giuseppe Rosaccio, incisi da Marco Sadeler, acquarellati nel 2016 da Rolando Boni de Nobili, riproduzione autorizzata da editore De Bastiani.

1- Il sigillo apparve per la prima volta nella ricca raccolta dei sigilli dei Duchi d’Austria. In origine la porta era posta su campo azzurro con tre monti verdi; successivamente venne mutato in bianco e rosso colori della Casa d’Austria. Le due più antiche raffigurazioni risalgono al 1360 ed al 1364. Cfr. «Domus Comunis Portus Naonis» a cura di Angelo Crosato. Edito dal Comune di Pordenone, 2003, pagg. 24 – 25.

2- Esempio eclàtante la recente riflessione sul periodo della signoria Liviana. Cfr. «La signoria liviana su Pordenone: la costruzione di un mito storiografico» in Centro culturale Augusto Del Noce «Il Pordenone e la signoria liviana (1508 – 1537). Politica, società e cultura in riva al Noncello. Atti del Convegno di Studi del 17 ottobre 2020. Auditorium dei Santi Ilario e Taziano – Torre di Pordenone», aprile 2021

3- Cfr. Andrea Benedetti «Giuseppe Rosaccio cosmografo pordenonese» in «Il Noncello» n. 37, pagg. 111 – 170. Segnalo che in nota Benedetti afferma che Pordenone ebbe un altro grande geografo nel conte Giuseppe Ricchieri inviando, a tal proposito a P. Landini «La vita e le opere di Giuseppe Ricchieri» in «Il Noncello» n. 11 (1958) pagg. 40 – 51. Merita rilevare, a proposito della sottovalutazione del Rosaccio, che si era occupato di lui solo lo stesso Benedetti sulle pagine del «Popolo» il 2 aprile 1950 ed una seconda volta sul «Noncello» n. 2, 1952, pag.52 e, in citazione, nella «Storia di Pordenone».

4- Cfr. Liruti, 1830, p. 166; Donatis, 2009, p. 2169

5- Cfr. Negro – Roio, 2015, pp. 14 s.; Benedetti, 1973, p. 112

6-Cfr. Casali, 2011, p. 56

7-Cfr. G. Rosaccio, Difesa […] in risposta di alcune parole dette dal Dottor Gio. Antonio Roffeni…, Firenze 1610, p. 15

8- Un Giovan Battista Rosaccius risulta citato dal «Diplomatarium Portusnaonense» (nota 47) importante notaio.

9- Cfr. Atti del notaio Valentino Venerio (1561 – 1575

10- Cfr. Cfr. G. Botero, Relazioni universali, a cura di B.A. Raviola, Torino 2015, p. 554, n. 63