Blognotes 08
Blognotes 13
numero 13

Il tema del numero è "IL DOPPIO"

Articolo presente in

Boschi sacri, boschi contaminati

Silvano Brixio
Boschi sacri, boschi contaminati

“Troverai più nei boschi che nei libri.” Bernardo di Chiaravalle.

Si ritiene che in antico i boschi coprissero quasi tutta la superficie della penisola italiana, e che le popolazioni di allora vivessero nei loro pressi, lungo le coste e le valli fluviali.

Il primo luogo sacro, definito in seguito “lucus” in Latino, pare sia stato il bosco, e iù in particolare la radura, un’area libera circondata da alberi, ma non costruita da mano umana.

Questo era il requisito fondamentale del culto primitivo delle divinità, che lì si manifestavano. Si è supposto per questo che i primi templi, fatti di colonne lignee derivate da tronchi d’albero, siano stati edificati a imitazione del lucus originario, con l’aggiunta di un tetto a offrire riparo.

La sacralità del bosco era fortemente sentita dalle popolazioni italiche, dagli Etruschi e poi dai Romani, ed ha continuato ad esistere nei millenni successivi, testimoniata dagli innumerevoli luoghi di eremitaggio, dalle minuscole edicole e cappelle disseminate in ogni regione italiana.

Nel XVI secolo fu realizzato il bosco sacro di Bomarzo, restituito di recente al suo significato di percorso iniziatico, e basato sulla “Idea del Theatro” di Giulio Camillo Delminio (friulano partito dalla corte di Pordenone, e uno degli uomini più colti del suo tempo).

Tale è attualmente la fama del sacro bosco, che vi giungono ogni giorno migliaia di visitatori, ed è auspicabile che la gloria recente non ne cancelli la sacralità.

Ma nessun luogo è neutrale, e così accade che un bosco diventi un luogo “contaminato”, secondo la definizione dello scrittore Martin Pollack. Non s’intende qui la contaminazione atmosferica, ma quella dovuta allo svolgersi di eventi tragici negli stessi boschi che un tempo furono sacri.

Purtroppo l’Europa che ha visto due guerre Mondiali è piena di luoghi dove sono avvenuti massacri, e di boschi dove sono state sepolte di nascosto le vittime di quegli eccidi.

Foto di Silvano Brixio

“Imboschire” si dice di ciò che è stato fatto intorno ai campi di sterminio tedeschi, come Treblinka e Belzec nella Polonia orientale. Si imboschiva piantando alberi giovani per mimetizzare i resti delle vittime, e altrove lo si faceva per coprire le tracce delle fosse comuni.

Il passaggio dai boschi incontaminati originari a quelli contaminati da grandi tragedie, (e anche da tragiche storie “minori “), avviene per mano umana.

È responsabilità umana conservare la natura, e stabilire un patto d’alleanza con essa, poiché non ci appartiene.

Con le parole di Friedrich Hölderlin, questo può essere il senso di “abitare poeticamente la terra”.