Memorie è il titolo di questo numero, e tante e diverse sono le declinazioni con le quali gli articoli proposti analizzano i ricordi e i loro effetti.
Sicuramente la componente soggettiva, temporale o spaziale, incide sul valore che la memoria può assumere, ma perderla, trascurarla o cancellarla è un rischio pericoloso, perché essa è conoscenza e coscienza, specchio in cui guardarsi e misurarsi, testimonianza delle nostre e delle altrui azioni, possibilità di nuove scelte e cambiamento.
“Historia magistra vitae” dicevano i latini, consapevoli che nel registro di un agire universale potevano trovare le chiavi del passato e del futuro. Ma nello stesso tempo avevano già capito come manipolare la storia, quindi i fatti e la verità. Se dunque è possibile confondere la memoria, screditarla, confutarla, negarne i fatti, allora tutto ridiventa possibile e la strada per ripercorrere gli errori del passato è nuovamente aperta.
Nel nostro tempo il pericolo è diventato ancora più evidente, perché l’informazione viaggia sulla carta, sui media e sul web. Nell’enorme flusso di notizie è sempre più difficile trovare la verità, perché talora i fatti vengono taciuti, manipolati azzerando la successione temporale dei fatti, scegliendo date di comodo, visioni parziali, oppure cambiando le parole. Così le stragi diventano diritto alla difesa; il riarmo europeo è proposto come difesa della pace; la tracotanza di politica è schiettezza; i nemici sono sempre “terroristi”; il capitalismo oligarchico è liberismo economico; tagliare i sussidi diventa razionalizzare le spese…
Tendiamo a dimenticare quanto più i fatti sono lontani da noi, oppure non ci coinvolgono direttamente. Chi ricorda, ad esempio, che nella più antica democrazia dei nostri tempi, quella americana, il segregazionismo è stato abolito solo nel 1964? Che in Sudafrica è terminato per forza di cose solo nel 1991? Che al colonialismo politico è subentrato quello economico delle grandi multinazionali? Che si uccide oggi nel nome di Allah come ieri si uccideva al grido di “Dio lo vuole”? Che la prima discriminazione razziale la troviamo nella Bibbia, nella nascita di un popolo privilegiato da Dio? Che si è colpevoli o innocenti, criminali di guerra o meno, a seconda del momento e di chi giudica? Che il delitto d’onore, in Italia, come diritto di uccidere la propria donna in nome dell’onore, è finito in Italia, almeno formalmente, solo nel 1981.
Dobbiamo ricordare, spesso anche per vergognarci di ciò che è accaduto. Ci sono negazionisti, revisionisti, falsari, manipolatori della memoria, complici consapevoli o meno. A cominciare dall’informazione così attiva quando vuole e così pigra se conviene. Quando ci sarà una nuova guerra, possiamo essere sicuri, che qualche media avrà una verità di comodo da affidare alla storia, cioè alla futura memoria della nostra ingenuità.
Indice
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