Blognotes n 18
Blognotes 19

MEMORIE è il tema del numero 19 di Blognotes

Articolo presente in

Una rinuncia per me stesso

di Esteban Borda, 4ATT, Istituto “F. Flora”, Pordenone. Foto di Riccardo Moretti

La memoria, astratta ma sempre presente in noi, è il filo invisibile che collega ciò che eravamo a ciò che siamo. Vive in ogni scelta, parola ed emozione. Anche senza pensarci, ogni giorno agiamo guidati da ciò che ricordiamo come un errore, un insegnamento o una ferita. Per alcuni è un rifugio pieno di momenti felici e persone amate.

Per altri è un luogo doloroso, segnato da ricordi che si vorrebbero cancellare. In ogni caso, la memoria ci insegna e ci protegge, ci aiuta a costruire il futuro.

Io, ragazzo di diciotto anni, cerco di vivere la memoria in modo aperto. Rispetto il mio passato e provo a trarne insegnamento, sia nel bene che nel male.

Faccio lo stesso con gli altri, ascoltando soprattutto chi ha più esperienza, perché penso che ognuno abbia una storia da raccontare da cui si possa imparare. La memoria mi aiuta a ricordare chi sono e a non dimenticare ciò che ho vissuto. È importante conservarla per migliorare il futuro.

Nel 2021 ho avuto l’occasione di fare un’ esperienza importante, andare a Udine, a giocare a calcio e di conseguenza a studiare e a vivere. Stare da solo lontano da tutti a 16 anni non è da poco, e ciò mi ha fatto crescere in tanti aspetti. Il motivo principale del mio trasferimento era la mia carriera calcistica, e l’obiettivo quello di scalare le fasi del settore giovanile fino ad arrivare, e magari un giorno esordire, in Serie A.

Calcio. Foto di Riccardo Moretti

Mi trovavo quindi in un contesto nel quale avevo davanti un futuro diverso dalla media e in cui le aspettative erano alte, con tutto ciò che serviva per stare bene, ma in realtà non era così. Percepivo di non essere nel posto giusto, dominava la competizione, ero circondato da relazioni false. Durante quell’annata tornavo a casa, a Pordenone, il sabato pomeriggio dopo la scuola, e ritornavo a Udine la domenica sera.

Una di quelle domeniche, nel tragitto verso Udine, mia madre, che aveva percepito già da molto questo mio malessere, mi chiese perché fossi così triste, dato che non sorridevo più, e scoppiò a piangere. Io le confessai che stavo veramente male da un po’ ma lei non riusciva a capirmi e mi diceva che avevo tutto e che non mi mancava nulla. Ciò che imparai quel giorno é che il proprio benessere è la cosa più importante al mondo e la ricerca della felicità è il senso della vita, e io lì non ero felice.

L’anno successivo decisi di cambiare totalmente aria per trovare il posto che mi appartiene e continuare la mia strada, rinunciando a un’opportunità riservata a pochi.