L’autrice ,che ha vissuto personalmente l’esperienza del terremoto del Friuli del 6 maggio 1976, riesce a trasmettere con grande sensibilità il peso di un trauma così devastante e il segno indelebile che esso lascia nel cuore e nella memoria di chi lo ha vissuto.
Racconta come il terremoto, così come qualsiasi altro trauma, resti impresso negli occhi, nei sentimenti e nei sensi. Sono ricordi ed emozioni forti che perdurano nel tempo e possono riemergere improvvisamente, anche dopo molti anni, scatenati da rumori, immagini, odori o percezioni, come la vibrazione della metropolitana, che evocano le sensazioni di allora, provocando un intenso senso di ansia e panico simile a quello vissuto in passato.
All’epoca, il disturbo da stress post-traumatico non era ancora conosciuto né studiato. Solo verso la fine degli anni ’70 i ricercatori iniziarono a comprendere che alcune persone, dopo aver vissuto eventi estremamente traumatici come guerre, incidenti o calamità naturali, continuavano a soffrire di sintomi debilitanti, tra cui ricordi dolorosi e comportamenti disfunzionali nella vita quotidiana. Questo disturbo venne osservato tra i soldati della Seconda Guerra Mondiale e molto evidenziato tra i veterani di guerra del Vietnam.
Questi ultimi, avendo affrontato esperienze intense e spaventose durante il conflitto, spesso continuavano a percepire un senso di pericolo anche dopo il ritorno a casa, rivivendo quei momenti attraverso incubi, stati d’ansia e difficoltà a reinserirsi nella vita quotidiana. Molti di loro diventarono emarginati e svilupparono gravi sintomi psichiatrici. Negli anni successivi, gli studi approfondirono la comprensione del fenomeno, portando nel 1980 alla definizione ufficiale del disturbo da stress post-traumatico (PTSD, Post Traumatic Stress Disorder) nel manuale diagnostico DSM-III. Da allora, la ricerca ha continuato a evolversi, migliorando la comprensione di come il trauma influisca sulla mente e sul corpo nel tempo.

Daniele Carnelutti dalla pubblicazione
“Biele Glemone” del 2016
Si è anche compreso che il trauma, come quello causato da un terremoto, non colpisce solo le persone direttamente coinvolte, ma anche coloro che si prendono cura di loro.
Anche i soccorritori, come operatori sanitari, forze dell’ordine, vigili del fuoco e personale della Protezione Civile, possono essere profondamente segnati dal trauma e necessitano di cura ed attenzione psicologica.
È stato inoltre riconosciuto che esistono stimoli e situazioni che, se affrontati tempestivamente, possono facilitare un’elaborazione naturale e graduale del trauma, prevenendo l’insorgenza della sindrome da stress post-traumatico. L’obiettivo degli interventi in questo ambito è fare in modo che, nel tempo, la memoria dell’evento traumatico rimanga un ricordo triste e forse doloroso, ma non così potente da scatenare ansia e panico e disturbare la vita quotidiana a lungo termine.
In questa prospettiva, sono stati sviluppati protocolli ed interventi formativi rivolti alla comunità, agli educatori, ai genitori e ai soccorritori, per insegnare le migliori strategie e comportamenti da adottare nel breve termine al fine di contenere lo stress traumatico e facilitare un’elaborazione sana del trauma.
Tra le tecniche attualmente più utilizzate vi sono strumenti di debriefing di gruppo, tecniche di gestione dello stress recente, esperienze di ascolto e intervento psicologico in piccoli gruppi, e molto altro.
Nel tempo, sono stati sviluppati strumenti e terapie psicologiche sempre più efficaci per aiutare chi ha vissuto un evento traumatico.
Oggi, i professionisti della salute mentale che si occupano di stress traumatico e PTSD dispongono di protocolli specifici per intervenire con successo in tutto il percorso di prevenzione, diagnosi e cura di questo disturbo. Ci sono voluti decenni, ma sono stati fatti enormi passi avanti!

Daniele Carnelutti dalla pubblicazione
“Biele Glemone” del 2016
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