Cosa resta di una mostra dopo la chiusura delle sue sale? A volte, resta il ricordo di un’opera, un’emozione improvvisa, la bellezza di un’idea. Ma in alcuni casi, come quello accaduto a Maron di Brugnera tra il 27 giugno e il 5 luglio 2025, durante il periodo della Sagra paesana, resta molto di più: una nuova trama di relazioni, costruita nel silenzio paziente dell’ascolto, nella delicatezza del gesto artistico, nella condivisione di storie personali trasformate in linguaggio universale.

“Raccontami di te” è il titolo della mostra nata all’interno di un progetto sociale promosso dalla Caritas parrocchiale di Maron, con il sostegno del Servizio Sociale dell’Ambito del Comune di Brugnera. Un titolo che già da solo suggerisce l’invito all’incontro, all’apertura, allo scambio. E che ben rappresenta il cuore di un’esperienza che ha coinvolto un gruppo di donne provenienti da diversi paesi africani e alcune donne italiane del territorio, tutte accomunate da vissuti di fragilità, ma soprattutto da un profondo desiderio di raccontarsi, riconoscersi e ritrovarsi attraverso l’arte.
Il percorso, guidato con sensibilità e competenza dall’artista Maria Grazia Colonnello, ha preso la forma di due laboratori artistico-espressivi sviluppati lungo diversi mesi, tra ottobre 2024 e maggio 2025. Un tempo disteso, necessario, durante il quale le partecipanti hanno potuto sperimentare una modalità nuova di relazione: un modo per parlare di sé senza sentirsi giudicate, per ricordare senza paura, per condividere senza timore. È proprio in questo spazio protetto che sono emersi racconti di vita, momenti vissuti, emozioni trattenute, immagini interiori che poi hanno trovato una forma visiva grazie all’uso di due tecniche artistiche evocative e poetiche: la cianotipia e l’acquerello.
La cianotipia, in particolare, ha rappresentato uno degli elementi più affascinanti dell’intero processo. Si tratta di una tecnica fotografica antica, che restituisce le immagini attraverso una stampa blu intensa, realizzata solo con acqua e luce solare. Una pratica lenta e quasi magica, che ben si accorda con i tempi dell’ascolto e della trasformazione interiore. A questa si è aggiunto l’uso dell’acquerello, con le sue trasparenze, le sue sfumature leggere, capaci di raccontare le emozioni più sottili. Ogni donna ha così realizzato, passo dopo passo, un autoritratto simbolico: non solo un’immagine del proprio volto, ma una narrazione visiva della propria storia, dei sogni, delle difficoltà, delle speranze.

Fatto sta che l’interesse suscitato da questa piccola mostra, che esponeva i lavori realizzati durante i corsi, è stato notevole. Sarà stato per la ricchezza umana delle protagoniste, per la qualità delle opere, per la scenografia fatta di stoffe e vestiti tradizionali di vari Paesi africani, o forse proprio per quell’atmosfera silenziosa ma vibrante che si respirava nei locali dell’oratorio. I visitatori hanno mostrato grande curiosità, soprattutto verso le modalità con cui sono stati condotti i laboratori: un approccio partecipato, delicato, attento alla persona prima che all’opera.
Ciò che ha affascinato molti è stato il metodo stesso: un processo creativo usato per far incontrare le persone, favorendo l’espressione di sé sia attraverso il dialogo che attraverso la comunicazione visiva. Il pubblico era variegato: dai semplici curiosi, attratti magari per caso dalla sagra paesana in corso, ai familiari delle partecipanti, fino a operatori del sociale e artisti locali. In molti si sono soffermati davanti al breve filmato esplicativo che illustrava le fasi del percorso, restituendo il senso profondo dell’esperienza vissuta.
Ma “Raccontami di te” non è stato solo un progetto artistico. È stato, a tutti gli effetti, un esempio riuscito di sinergia tra enti pubblici, realtà del terzo settore e comunità locale. Ha dimostrato come anche in un piccolo paese, lontano dai riflettori delle grandi città, sia possibile costruire esperienze significative di inclusione, in cui l’arte diventa strumento di relazione, di cittadinanza attiva, di trasformazione sociale. La mostra, infatti, è il risultato tangibile di un lavoro invisibile: quello delle relazioni che si creano nel tempo, della fiducia che si costruisce poco alla volta, della bellezza che nasce dall’incontro tra differenze.
In un’epoca in cui anche nei contesti rurali si moltiplicano le solitudini e le fratture sociali, “Raccontami di te” ci ricorda che le relazioni sono la prima infrastruttura della comunità. E che, per coltivarle, non servono grandi risorse, ma luoghi accoglienti, ascolto autentico e spazi in cui ciascuno possa sentirsi libero di raccontare chi è.
Perché ogni parola ascoltata, ogni volto riconosciuto, ogni storia condivisa è una pietra posata nel costruire una città — o un paese — più umano.
Nota: il progetto è stato possibile anche grazie a una donazione privata al Comune di Brugnera e alla disponibilità dell’Oratorio Don Bosco di Maron, che ha ospitato sia i laboratori sia l’esposizione finale nei giorni della sagra paesana.

Indice
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