Quando penso alla “rigenerazione” mi vengono in mente progetti realizzati con successo in grandi centri cosi come in piccoli.


Tra questi ho visto quello realizzato in Place de Catalogne a Parigi la quale è diventata una foresta urbana grazie a un progetto innovativo, che ha convertito una rotatoria asfaltata in un bosco di oltre 4mila metri quadri di verde e 470 alberi. Di questi, 270 sono grandi e medi, mentre 200 sono giovani alberi di 2-4 anni. La foresta include querce, aceri e carpini, specie tipiche dell’Île-de-France, oltre a specie più resistenti ai cambiamenti climatici, come i lecci e gli aceri di Montpellier.
Questa trasformazione porta numerosi benefici. Permette di ridurre l’effetto isola di calore urbano, abbassando la temperatura della piazza fino a 4°C grazie all’umidità rilasciata dalla vegetazione e all’ombreggiatura del 60% della superficie.
Inoltre, il progetto consente la gestione del 54% delle acque piovane tramite sistemi vegetati. La foresta urbana sorge sull’anello centrale della piazza, creando un nuovo spazio pedonale e una grande radura protetta dalla circolazione, ideale per passeggiate e relax. La parte sud dell’anello è diventata un’area pedonale, collegata a nuove piste ciclabili che attraversano la piazza e si connettono alle strade adiacenti.
Questa foresta urbana non solo migliora la qualità dell’aria e la biodiversità, ma offre anche ai cittadini di Parigi un’oasi verde nel cuore della città, un simbolo concreto di adattamento ai cambiamenti climatici e di una rigenerazione urbana sostenibile.
Un altro progetto, che riguarda la rigenerazione, è Il progetto del quartiere Nordhavn a Copenaghen che è uno dei più ambiziosi esempi di rigenerazione urbana sostenibile in Europa. Situato nel nord della città, su un’area portuale in disuso, Nordhavn si sta trasformando in un modello di città del futuro, incentrato su ecologia, innovazione e qualità della vita. L’area, che si estende su circa 3,8 milioni di metri quadrati, prevede la creazione di un quartiere residenziale, commerciale e culturale, con una forte attenzione alla sostenibilità e alla vivibilità.
Uno degli aspetti più innovativi di questa realizzazione è la sua concezione di “smart city”, dove la tecnologia è utilizzata per migliorare l’efficienza energetica e ridurre l’impatto ambientale. Il quartiere ospita edifici a basso consumo energetico, sistemi di riscaldamento geotermico, e una rete di trasporti pubblici efficienti, incentivando l’uso di veicoli elettrici e biciclette. Le acque del porto sono utilizzate per riscaldare gli edifici e fornire energia, mentre spazi verdi e percorsi pedonali creano un ambiente urbano sano e accogliente. Nordhavn non è solo un progetto di urbanistica, ma un laboratorio di innovazione sociale, dove comunità diverse possono coesistere in modo inclusivo e rappresenta un esempio concreto di come la rigenerazione urbana può essere un’opportunità per creare città più resilienti, sostenibili e orientate al futuro.

la “casa rotonda di Mosca”; un gioiello
architettonico sovietico.
Negli anni settanta del secolo scorso a Mosca è stata costruita una casa insolita, che si contraddistingue per la sua insolita forma. La sua costruzione fu progettata dagli architetti Yevgeny Stamo e Alexander Markelov, che decisero di creare una casa originale al fine di diversificare in qualche modo lo stesso tipo di costruzione, allontanandosi così dai soliti progetti standard e creare una casa circolare a nove piani. Già nel 1972 la casa sulla strada Nezhinskaya nel distretto di Ochakovo-Matveyevsky fu messa in funzione. E infatti, una tale costruzione ha fatto un’impressione indelebile sui residenti non solo della stessa Mosca, ma dell’intero immenso paese. Le sue enormi dimensioni, la forma originale, il cortile
fantasticamente confortevole, con un’infrastruttura eccellente, si distinguono naturalmente dalle altre aree residenziali per la vastità del grande parco situata al suo centro e fortemente voluto dai suoi progettisti e successivamente dall’Amministrazione
Pubblica
Questi esempi così come molti altri già attuati in Europa, anche in piccoli centri, dimostrano un punto nevralgico e cioè che la rigenerazione può diventare utile alla città nel suo insieme se è pensata, voluta e progettata dall’inizio come motore del cambiamento.
Persino a Mosca nel 1970 un progetto realizzato all’epoca sembra essere ancora attuale.
Il problema delle piccole città. Pordenone
La rigenerazione urbana sinora realizzata, per una piccola città come Pordenone, può apparire però più una pura azione di interessi privati che altro. Infatti molti palazzi sembrano, e forse lo sono, frutto di azioni speculative anche se rispettano il Piano Regolatore e le varianti autorizzate.
L’evoluzione della costruzione verso l’alto pare più che altro casuale, accidentale, non disegnata per questa evenienza
Se agli edifici più alti corrispondessero altrettante aree verdi limitrofe, uno dei desideri di Le Corbusier sarebbe attuato ma, purtroppo, non è così! Però c’è una situazione che può portare a diverse considerazioni: la presenza di edifici alti può trasformare lo skyline urbano e influenzare la percezione della città. Non c’è un disegno del profilo urbano programmato, gli edifici sorgono laddove alcune aree riescono in qualche modo a “rigenerarsi”.
Negli anni settanta del secolo scorso a Mosca è stata costruita una casa insolita, che si contraddistingue per la sua insolita forma. La sua costruzione fu progettata dagli architetti Yevgeny Stamo e Alexander Markelov, che decisero di creare una casa originale al fine di diversificare in qualche modo lo stesso tipo di costruzione, allontanandosi così dai soliti progetti standard e creare una casa circolare a nove piani. Già nel 1972 la casa sulla strada Nezhinskaya nel distretto di Ochakovo-Matveyevsky fu messa in funzione. E infatti, una tale costruzione ha fatto un’impressione indelebile sui residenti non solo della stessa Mosca, ma dell’intero immenso paese. Le sue enormi dimensioni, la forma originale, il cortile fantasticamente confortevole, con un’infrastruttura eccellente, si distinguono naturalmente dalle altre aree residenziali per la vastità del grande parco situata al suo centro e fortemente voluto dai suoi progettisti e successivamente dall’Amministrazione Pubblica.


Le città di piccole dimensioni in Italia stanno affrontando sfide significative legate al calo dell’industria e delle attività commerciali tradizionali, aggravate dalla concorrenza di piattaforme come Amazon e dai centri commerciali.
Pensiamo ai dati nazionali: il calo del commercio tradizionale: tra il 2012 e il 2024, il commercio al dettaglio in sede fissa ha registrato un calo del 23,1%, con oltre 117.000 attività chiuse.
Impatto dell’E-commerce: le vendite online hanno raggiunto l’12% dei beni e il 17% dei servizi nel 2024, contribuendo alla chiusura di negozi fisici.
Concorrenza dei Centri Commerciali: questi spazi hanno attratto consumatori, sottraendo clientela ai negozi tradizionali dei centri urbani.
Crisi Industriale: l’industria italiana mostra segni di contrazione, con settori come l’automobile (-36,5%), pelli e cuoio (-19,2%) particolarmente colpiti. Anche la nostra città negli ultimi anni ha visto modificare quella che era la sua “identità urbana” (Pordenone è nata grazie allo sviluppo industriale degli anni ’60 in primis grazie alla Zanussi poi Electrolux, alla Savio, Tomadini etc…), non è cresciuta demograficamente, né industrialmente, purtroppo, ed infine nemmeno con una evoluzione del patrimonio edilizio.
Infatti con la nuova edilizia non si è avuto quel cambiamento significativo dell’edilizia esistente, frutto degli anni ’70, che non ha mai avuto alcun restauro.
Eppure il piano di rigenerazione urbana di Pordenone sembra essere un progetto ambizioso e strategico. L’amministrazione comunale ha presentato progetti per questa finalità con un grosso piano di finanziamento legato ai PNRR Europei e Regionali.
Certamente si è cercato di arginare la crisi in qualche modo grazie alle nuove opportunità e strategie come la digitalizzazione, la riqualificazione urbana con incentivi per mantenere vivi i centri storici e limitare fenomeni come gli affitti brevi, infine con un sostegno alle PMI ed una crescita del turismo cittadino.
Infatti, Pordenone, nonostante le sue piccole dimensioni presenta in questo una grande ricchezza in consolidate prestazioni culturali che l’hanno fatta diventare, anche, Capitale della Cultura per il 2027.
Ma sul piano sociale, come in tutta l’Italia, anche a Pordenone è in atto da molti anni un cambiamento demografico e culturale. Che questo, poi, sia del tutto o in parte positivo o negativo è ancora da vedere. Al momento non pare che ci sia da esserne compiaciuti. Intanto si registra un vistoso aumento della popolazione straniera, con arrivi da Est Europa, Africa e Asia e Medio Oriente legati inizialmente ai lavori manifatturieri e assistenziali.
Nello stesso tempo, come in molte città del Nordest, si registra un sensibile fenomeno: calo demografico e invecchiamento della popolazione locale. La situazione è compensata solo in parte dall’immigrazione di famiglie che hanno un alto tasso di natalità. Si va, di fatto, verso una nuova identità.
Questo porta sfide di integrazione culturale, finora puro miraggio, ed economica, ma anche nuove opportunità in termini di vitalità sociale e imprenditoriale.
Ma l’affacciarsi di una società sempre più multietnica non sembra che abbia portato un significativo contributo alla stessa rigenerazione degli immobili esistenti.
La città presenta quartieri residenziali frammentati, con identità e servizi disomogenei, un centro città che procede a rimodellarsi e che al tempo stesso si ridimensiona.

- Esistono delle opportunità come: intervento sull’area del Centro Direzionale Valle, conosciuta anche come ex Bronx””, che sarà trasformata in polo universitario: 5000 mq saranno destinati a spazi per studenti, aule e laboratori. Per rendere quest’area nevralgica per il centro città, in realtà bisognerebbe ripensare all’utilizzo di tutto il piano terra intorno alla piazza e questa dovrebbe diventare un parco urbano, nelle sue limitate condizioni esistenti in termini di piazza sospesa

- Inoltre è previsto il recupero ex magazzino ferroviario per creare un centro multifunzionale per favorire l’interazione tra studenti, docenti e cittadini.
- La rigenerazione urbana e architettonica: riuso delle ex aree industriali quali la famosa area Amman per spazi culturali, start-up, residenze sostenibili.
- Lo sviluppo di economia creativa e green: design, artigianato tecnologico, energie rinnovabili, edilizia sostenibile.
- La crescita della multiculturalità come risorsa sociale e imprenditoriale.
- Il turismo culturale e slow: valorizzazione del centro storico già in atto, dei borghi limitrofi e del fiume Noncello.
- La digitalizzazione e smart city: gestione intelligente dei servizi urbani e mobilità dolce.
La città deve prestare attenzione a potenziali minacce quali:
- Declino demografico complessivo ed un veloce invecchiamento della popolazione residente.
- Competizione con città più grandi (Trieste, Udine, Treviso, Venezia) per attrarre investimenti e talenti.
- Disuguaglianze sociali e culturali se l’integrazione non è accompagnata anche da politiche urbane inclusive.
- Rischio di abbandono di aree periferiche se non adeguatamente rigenerate.
- Mutamenti del mercato del lavoro: difficoltà ad adattarsi rapidamente alle nuove economie digitali e verdi.
Pordenone si trova in una fase di transizione strutturale: deve ridefinire la propria


identità da città industriale a città policentrica, creativa e sostenibile, capace di integrare diversità culturali e nuove economie. C’è un filo sottile che attraversa la storia recente di Pordenone: quello del cambiamento. Una città che, nel corso di pochi decenni, ha visto trasformarsi la propria struttura economica, sociale e urbana, passando da cuore produttivo del Nordest a laboratorio di nuove identità culturali e urbane.
La città che si ripensa dandosi un profilo di un nuovo skyline edilizio possibilmente con più “Architettura” invece di semplici “bei palazzi”.
La cultura deve essere motore di rinascita, fattore economico e identitario, in grado di attrarre visitatori, stimolare investimenti e rafforzare il senso di comunità, e la nostra città ne trae vantaggio già da anni grazie a manifestazioni di respiro nazionale ed europeo.
Credo, infine, che Pordenone necessiti di una nuova visione urbana. La sua sfida è duplice:

da un lato, rigenerare gli spazi fisici lasciati dal declino industriale; dall’altro, costruire una nuova cittadinanza, aperta, inclusiva e creativa.
Il cammino passa attraverso l’innovazione, la cultura e la partecipazione: i tre pilastri su cui la città può fondare la sua nuova identità.
In un Nordest che cambia, Pordenone è un microcosmo emblematico: una città che ha conosciuto la velocità del progresso e la fatica della crisi, ma che oggi prova a reinventarsi con misura e intelligenza, perché, forse più ha imparato che la vera crescita non è solo economica, ma anche culturale e sociale.
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