Per gli esseri umani i luoghi sono definibili se hanno un senso, una specificità, una connotazione. Le città sono questo, superfici di spazio abitate da persone, situazioni fisiche e concettuali in cui si concentra la vita di una commùnitas. E una commùnitas è, per definizione, ciò che corrisponde ad una massa interattiva che si muove in uno spazio, che sviluppa e genera la realtà attraverso incontri, scambi, dialogo.
Nel corso della storia, l’uomo si è adoperato per accorciare distanze anche quando varca confini remoti, per abbreviare attese anche quando il tempo a disposizione è abbondante. Passo dopo passo questo è diventato un vezzo, poi un vizio e un’ossessione. E ci si è trovati a navigare senza spostarsi, nella frenesia del virtuale, in uno spazio di incontro divenuto intangibile, incommensurabile e incodificabile, dove tutto si concentra e corre, dove la velocità e la prossimità fanno da padroni, patria de i sistemi più potenti e all’avanguardia per qualsiasi scopo.
Nondimeno è proprio lì che ci si perde, nell’impazienza che non sa più aspettare, nella perfezione che si fa chiamare bellezza, nella velocità che richiama superficialità, in quel “tutto e subito” che produce figuranti e replica stereotipi. Le relazioni diventano allora un affare difficile, non appassionatamente complesso ma dannatamente problematico, qualcosa di impraticabile, ingestibile, incodificabile.
I ragazzi lo sanno. Hanno il coraggio di dirlo. Quello che davvero tutti cerchiamo è un tu che ci permetta di dire noi , e quindi di identificare un io.
Esistiamo soltanto quando siamo parte di qualcosa, quando abbiamo davanti qualcuno che si mette in relazione con noi e ci individua così nel corpo, nella mente e nell’essere. Esistiamo quando abbiamo l’opportunità di una lentezza e un silenzio nei quali gli animi si risvegliano, si guardano e si riconoscono nelle reciproche originalità. Cerchiamo perciò amicizie vive in cui specchiarci ed essere strani quanto si vuole, autentici al punto da riuscire a sentire la potenza salvifica del “tornare a casa”, ovvero a un luogo dove essere se stessi perché le aspettative possono anche essere disattese.
I ragazzi lo sanno. Non è internet, o un social network, o un dispositivo con le sue alte prestazioni a salvarci dai nostri malesseri, bensì quei luoghi concreti in cui fermarci, in cui è dato il tempo giusto all’incontro, in cui una risposta indugia per essere veramente ponderata e formulata ad hoc. In cui esistiamo e stiamo anche fermi, distratti soltanto dalle infinite variabili della natura umana che ci risvegliano ogni volta dal torpore della scontatezza e ci rendono osservatori curiosi e pazienti dei nostri interlocutori.
Ci sono luoghi assai preziosi per la riconquista di se stessi, luoghi densi diignificato più di altri, luoghi a volte dolorosi e sconvolgenti, altre popolati e travolgenti.
Che sia scelto o meno, che sia per ciascuno di noi un’occasione importante in quel lasso di tempo che chiamiamo vita.
Indice
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