Pordenone Capitale della Cultura: Giorgio Simonetti ha incontrato gli architetti Sara Florian, Moreno Baccichet e Francesco Giannelli per capire com’è cambiata la città in questi ultimi anni e raccogliere suggerimenti in preparazione al 2027

Negli ultimi anni il volto di Pordenone è cambiato, sia sopra che sotto la città. Se è vero che sono stati realizzati molti interventi di sistemazione della rete fognaria cittadina, obiettivamente improcrastinabili e importantissimi per salvaguardare l’ecosistema del fiume Noncello, è altrettanto vero che altri interventi hanno creato molta discussione, fino ad arrivare a veri e propri scontri pubblici dei quali a Pordenone non vi era memoria. “La Città” ha voluto anche conoscere le opinioni dei tre architetti cercando di analizzare uno ad uno gli interventi urbanistici e architettonici che hanno fatto più scalpore.
L’EX FIERA
Giannelli: ho visto il progetto in Commissione consiliare: è interessante, ben organizzato e salvaguarda l’edificio del Razionalismo fascista. È un ampliamento che mette a disposizione una serie di strutture straordinarie per i giovani e per lo sport. Il progetto poi può piacere o meno, come c’è chi preferisce la birra o il vino perché “de gustibus disputandum non est”. Io per esempio avrei utilizzato il Palamarmi, salvando qualche albero. Ma gli alberi si possono abbattere e ripiantare.

Florian: io sono contraria a questo nuovo edificio, chiamato Polo Young, non per l’idea di avere un nuovo centro sportivo, ma per la scelta del luogo. Era giusto ristrutturare l’Ex Fiera con demolizioni e ampliamento dei corpi retrostanti, edificandoli anche a più piani. Ricordiamo che anche gli alberi erano storici, piantati nel 1932, avevano quindi quasi 100 anni. Va inoltre ricordata la perdita della “piastra” luogo di aggregazione dei giovani da decenni. Avere i fondi del PNRR è stata un’opportunità, ma anche una grande “disgrazia” per l’Italia, perché quando arrivano grandi finanziamenti, si rischia di investire in grandi opere anziché sulla vera riqualificazione di aree.
Baccichet: come sta percependo la gente la costruzione del grande Moloch dell’Ex Fiera? Si sono resi conto che i pilasti non arrivano alla copertura ma da lì parte il pavimento? Nessuno se ne sta ancora rendendo conto. Avendo tagliato il viale alberato, la conseguenza è che anziché avere due luoghi importanti – uno sportivo moderno e l’altro sportivo tradizionale con la conservazione del verde – ora ne avremo soltanto uno. Tutta la faccenda relativa all’Ex-Fiera dimostra una disattenzione alla questione culturale, una battaglia ormai persa.
LA SALA POLIFUNZIONALE DI CINEMAZERO
Giannelli: avevo visto il progetto in Seconda Commissione. Non lo critico, secondo me è buono. La cosa che probabilmente non funziona è averlo messo lì perché si perde la visuale complessiva del bell’edificio in stile razionalista anni ‘50 di Cinemazero. Da consigliere comunale avevo raccomandato – se proprio doveva essere costruito in quel punto – di staccarlo dalla facciata mettendolo dalla parte opposta, vicino alla strada o sul cortile interno. Invece lo hanno addirittura attaccato. Non avrei perso quella piazzetta.

Florian: a me architettonicamente l’edificio piace, però quello che mi ha fatto pensare, è che inizialmente si voleva realizzare un padiglione per i giovani in piazza Risorgimento, bocciato dalla popolazione. Poiché questo finanziamento PNRR c’era, il Comune si è trovato questo progetto più o meno pronto da parte di Cinemazero, un’idea che avevano già da tempo. È stata certamente un’opportunità: più che uno spazio per i giovani, come doveva essere inizialmente, è diventato un luogo di cui aveva bisogno Cinemazero per le sue manifestazioni, come si è visto durante l’ultimo Docs Fest.
Baccichet: questa costruzione ha completamente ucciso la facciata dell’edificio del 1950 progettato da Mariano Pittana, un grande architetto della provincia di PN. Il tutto per fare un bar, quando noi sappiamo che il bar del Centro Studi è sempre stato dall’altra parte della strada. Gli sarebbe costato molto meno comprare il bar, ora chiuso. Con 300-400mila euro si comprava e si ristrutturava, rivitalizzando anche il commercio di quella strada. La cosa migliore è sempre recuperare quello che c’è già, perché si consuma meno energia e non si moltiplicano gli edifici da gestire.
L’EX – PANIFICIO SPADOTTO

Giannelli: non so dare un giudizio perché ancora non è finito. Ricordato che non è un grattacielo essendo alto solo 12 piani, se non cambiano il piano regolatore ed è possibile utilizzare quei cubi senza limiti di altezza, un architetto può fare quello che vuole. L’unico modo per liberare il suolo è andare in alto: dopo il quinto-sesto piano non hai più gli insetti, senti meno i cattivi odori ed i rumori.
Dovrebbe essere un ottimo investimento immobiliare e, in linea generale, il PRGC (leggi il Comune) non deve castigare l’investitore ma attirarlo: lo convochi dicendo “vieni, fai quello che vuoi, fai una tua proposta che faccia crescere e trasformare la città ed io la valuterò”. Chi parla di Rigenerazione urbana senza conoscerla sbaglia. Porto sempre l’esempio della Torre Nera di Montparnasse: questo quartiere parigino era totalmente degradato, poi, negli anni ’70, attorno a questo grattacielo l’ambito è rinato, ora è uno dei più belli di Parigi.
Florian: secondo me si può costruire in altezza quando c’è un parco attorno, piuttosto di rovinarlo si aggiungono piani all’edificio. Ma qui il giardino non c’è! Manca anche il parcheggio interrato perché nella zona dell’ex-panificio Spadotto nasce la Roggia dei Mulini e non è possibile scavare più di tanto.
Io ho fatto anche una piccola battaglia su questo edificio, per alcune motivazioni relative al piano urbanistico, l’edificio ricade nella zona A del nuovo PRGC. È quella che comprende via Molinari, via San Quirino e viale Marconi.
Il comparto A prevede circa 12.000 cubi da utilizzare: l’impresa ha utilizzato questa cubatura – insieme a quella di un terreno acquistato a Torre (perequazione) – e l’ha utilizzata per l’edificio, che risulta sovradimensionato rispetto al contesto circostante.Se ora in quella zona una persona ha una casetta di due piani e vuole fareil terzo piano per il figlio, non può più perché i cubi sono stati consumati tutti da questo progetto.

.Un altro problema è l’ombreggiatura: il progetto faceva vedere che l’ombra non cadeva sul palazzo limitrofo: impossibile, perché l’ombra era stata fatta a 30° invece che a 45°! Per me è stata una speculazione che è andata a scapito di tutti quei residenti che non potranno più fare ampliamenti, anche demolendo l’esistente.
Baccichet: uno dei presupposti del piano regolatore è far sì che ci sia una crescita omogenea della città con una distribuzione ragionata, invece si assiste a trasferimenti di volumetrie legati agli interessi di una azienda. Spostare i metri cubi dove si possono vendere – per esempio in centro dove valgono di più – fa venire meno lo scopo del piano regolatore. Sono un’eredità degli errori del piano votato dall’amministrazione Pedrotti, da me criticato durante il processo partecipativo che ne ha accompagnato l’approvazione. Questa è una follia inventata a Milano che ha fatto dei danni bestiali e che ora si sta replicando anche qui da noi.
PIAZZA DELLA MOTTA

Giannelli: era un parcheggio, ora non lo è più. Forse quelle torri per le immagini sono un po’ invasive, io non le avrei fatte ma tutto serve per migliorare la città. Ci avrei riportato il mercato due volte alla settimana e avrei ricostruito il “nobile interrompimento”, come si può vedere dal mio disegno. L’avrei ricostruito non tanto come abitazione o altro quanto piuttosto come proseguimento della Biblioteca o passerella (un corpo di fabbrica stretto) per una vista diversa della piazza e dell’ex Convento di San Francesco, un “segno”, per far capire com’era quell’ambito anticamente chiuso.

Florian: l’abbattimento del “nobile interrompimento” è stato un danno gravissimo che risale intorno agli anni ‘60, lo hanno demolito per far passare i camion della ditta Pavan, che distillava la grappa all’interno dell’Ex Convento di San Francesco. Quello che è stato cancellato, secondo me, fa parte di un’epoca scellerata da cui dobbiamo prenderne atto, ricostruirlo sarebbe un falso. Io avrei ripavimentato Piazza della Motta con materiali antichi per ricordare che questa è stata la prima piazza di Pordenone.
Avrei riportato il mercato, due-tre volte a settimana, aggiungerei anche lo svuota-soffitte che ora viene fatto in Piazza Risorgimento.
Sono contrarissima a queste proiezioni che vengono fatte adesso: sono super-sfruttate in tutte le città e anche nei paesi quindi nessuna novità altisonante.
Le strutture metalliche per le proiezioni sono state un modo per cercare di porre rimedio al fallimento progettuale di questa piazza, la più antica della città.
Baccichet: con i soldi utilizzati per creare questo sistema di proiezioni si sarebbe potuta acquistare la casa di Antonio Zanussi. È vero che si sarebbe dovuta ristrutturare, ma anche queste torri alla prima grandinata avranno bisogno di manutenzione.
In realtà qui secondo me è completamente sbagliato il progetto.
Prendiamo ad esempio piazza Risorgimento: lì si sono conservate le alberature storiche, integrate in un bellissimo progetto. Piazza Della Motta poteva essere un’altra piazza giardino: il verde è un tema importante per contrastare le bolle di calore e l’innalzamento delle temperature. Se i parcheggi vengono portati via, è inutile restituire la piazza come una piattaforma di cemento informe: a quel punto andava creato un posto dove stare. Io spero che questo sia un allestimento temporaneo e che alla prima grandinata si opti per altre soluzioni, è possibile tornare indietro.
Andrebbe tolta tutta la pavimentazione e portata terra per piantare alberi, i lecci per esempio: tutte le città stanno investendo nella creazione di aree verdi per diminuire le temperature.
IDEE PER PORDENONE CAPITALE DELLA CULTURA
Immaginiamo di avere una bacchetta magica: quali sono secondo voi gli interventi che sarebbe prioritario realizzare in città in vista del 2027?
Florian: a me viene in mente quello che fece Francesco Giannelli quando ci fu la prima grande mostra sul Pordenone. Un cubo in Piazza Della Motta: venivano proiettate sul soffitto e sulle pareti le immagini delle opere del Pordenone con tre proiettori. L’antesignano di un progetto multimediale: era il 1984.
Per il 2027 penserei ad una struttura mobile, non fissa, così da bypassare le problematiche di tipo burocratico.
Oppure un percorso attraverso spazi inutilizzati uniti da un filo conduttore, per mostrare ciò che offre la città. Potrebbe anche rimandare a vari luoghi della Regione con QR code o similari, per ampliare la visita a livello regionale. La cosa importante è che questo anno di festeggiamenti non si trasformi in una sagra continua, come sta succedendo a Gorizia: mentre Nova Gorica sta spendendo il denaro in maniera intelligente, a Gorizia assistiamo a grandi sagre che culturalmente non offrono molto. Come contenuti delle mostre, io valorizzerei il design, soprattutto nella Galleria Bertoia.
Un percorso sull’industria pordenonese, pensando alla Galvani, alla Savio e alla Zanussi: le tre realtà che hanno permesso lo sviluppo di Pordenone. Purtroppo non abbiamo più in città un museo di Arte Contemporanea: rimpiango molto PArCo1, la Galleria d’Arte Moderna e Contemporanea Armando Pizzinato.
Giannelli: a Natale piazza XX Settembre viene occupata da un anonimo e rumoroso tendone da sagra per i festeggiamenti leggi “magna e bevi”. Dentro quel capannone potrebbe tenersi un’esposizione provvisoria della durata di 6 mesi.
Penso anche che l’urgenza sia quella di far partecipare i giovani agli eventi tramite una grande pubblicizzazione di quelle che saranno le attività: un investimento in comunicazione. Per quanto riguarda la mostra io riproporrei il nostro più grande artista, Antonio De Sacchis detto il Pordenone che, per tornare sull’allestimento, nel 1984 era pionieristicamente visibile dalle proiezioni sulle pareti interne del cubo di Piazza Della Motta… ricorderete (progetto degli architetti Giannelli, Martin & Saccomano).
Baccichet: il problema più grosso secondo me è la mancanza di una infrastruttura culturale, i luoghi progettati per la cultura si sono già dimostrati insufficienti. L’esempio della biblioteca è uno di questi: sembrava enorme quanto è stata inaugurata invece non riesce neanche a ricevere i libri delle donazioni, perché manca lo spazio. Idem: i ragazzi non riescono a trovare lo spazio dove studiare, me lo dicono i miei studenti. Bisognerebbe creare un nuovo edificio, sul retro dove c’è ora il parcheggio, per ampliare la struttura. Questo è un problema, l’altro è la mancanza di spazi espositivi per fare mostre di arte moderna e contemporanea.
È folle che si sia arrivati alla scelta: “o Galleria d’Arte Moderna o Palazzo del Fumetto”. Se si è una Capitale della Cultura, gli spazi della cultura sono un elemento importante. La Galleria Bertoia non basta, non è sufficiente per le dimensioni delle opere d’arte contemporanea. Penso alle esposizioni su Harry Bertoia o su Armando Pizzinato, importanti mostre realizzate nei vecchi spazi del PArCo1. Questo luogo non dovrebbe per forza trovarsi in centro città: potrebbe anche essere un padiglione della Fiera o un luogo dismesso come il cotonificio di Torre, dove si potrebbero anche organizzare concerti come avveniva al Deposito Giordani. Il problema di Pordenone è un problema di hardware: mancano spazi.
Quando Brescia è diventata Capitale della Cultura, nel 2023, ha messo mano a tutti i suoi più importanti musei. Il “Santa Giulia” è stato ampliato, è stato costruito un nuovo percorso archeologico esterno. Dopo 20 anni è stato riaperto il Museo del Risorgimento “Leonessa d’Italia”, con un progetto di recupero dello spazio del colle: sono le cose che mi aspetterei facesse Gorizia e che non sta facendo. Bisognerebbe considerare la nomina a Capitale come un investimento per lo sviluppo della cultura in città per almeno 20-30 anni, una visione su quello che sarà Pordenone nel 2050. Abbiamo invece ancora una narrazione che funziona come 25 anni fa: ci sono in centro i pannelli installati dal Rotary Club che raccontano la storia dei palazzi. Mancano per esempio i qr Code per poter leggere la città con gli smartphone.
Infine, in preparazione di PN Capitale, io suggerirei di acquistare la casa di Antonio Zanussi per farne un museo. Sarebbe anche importante nominare un dirigente dei musei della città, una figura che manca. Sarebbe come fare le opere pubbliche e non avere il relativo direttore.
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